Virginia Di Giorgio, l'artista che incanta
La nostra intervista alla creatrice e illustratrice di Virgola
Quando hai sentito per la prima volta la scintilla creativa?
Ho sempre disegnato. Ricordo quando da bambina andavo dalla nonna e lei mi dava i cartoncini delle calze per disegnare. Oggi sono cambiati i supporti ma la determinazione è la stessa.
Come è nata Virgola?
In modo casuale: era un bigliettino per il mio ragazzo, una pupetta senza nome che teneva un cuoricino. Non è stata immaginata per essere venduta, si è presa il suo spazio e anche il mio nome: Virgola era un mio nomignolo da bambina.
Quanto hanno in comune Virgola e Virginia?
Non molto, in realtà. Sono molto cinica, meno sognatrice e romantica del mio personaggio. Virgola è la proiezione di una parte che cerco costantemente di superare, ma c’è.
Dove trovi ispirazione per i tuoi disegni? Firenze ti aiuta?
Nell’arte, vado spesso alle mostre e nei musei perché sono luoghi in cui sto bene. Nella musica, perché credo che l’unione fra le arti porti a un risultato più interessante. Raramente nelle persone, aspiro a modelli meno fragili.
Come mai non disegni mai la bocca?
Mi sembrava un viso più buffo. Poi ho capito che senza bocca né sopracciglia il viso è meno caratterizzato, rispecchia le emozioni che vogliamo dargli. Lo stesso disegno alcune persone lo trovano triste e altre divertente, lo possono sovrascrivere con le emozioni che sentono al momento.
Firenze in tre luoghi del cuore.
Fiesole, ci scappavo ogni volta che avevo bisogno di contatto con la natura e con me stessa. Gli Uffizi, è il mio luogo sacro. Infine, la zona di San Marco e via de’ Servi: la mia zona universitaria, mi fa sentire a casa e protetta.
Due monumenti (fiorentini) che parlano di te.
Santa Croce, che sento come un’amica. Il Battistero, mi fa sentire parte di qualcosa di immenso.