Tutto quello che dovete sapere sul Duomo di Firenze
Dalla Cupola agli affreschi, i gioielli della cattedrale di Santa Maria del Fiore
La sua cupola è da secoli il simbolo del genio dell’architettura fiorentina nel mondo, dell’intelligenza del Rinascimento italiano, della bellezza generata dall’armonia; i suoi marmi policromi ottocenteschi animano una facciata accordata con equilibrio alla splendida torre campanaria che ebbe Giotto di Bondone tra i suoi artefici.
Scopri qui il nostro video sulla Cupola del Brunelleschi, e qui tutti i segreti e le storie di uno dei simboli di Firenze.
“Molte persone rimangono spiazzate dalla sobrietà dell’interno - ci spiega monsignor Timothy Verdon, direttore dell’Opera di Santa Maria del Fiore, per qualche ora guida d’eccezione nel complesso della cattedrale - fin quando non alzano gli occhi a quella meraviglia che è la cupola del Brunelleschi con i suoi affreschi, che dall’Inferno ci conducono fino al Paradiso.
Una delle numerose narrazioni che animano l’arte di questa città, a cominciare da quelle quasi millenaria del Battistero con le sue tre porte uniche nella storia dell’arte mondiale.
Scopri qui tutto quello che non sai sul Battistero di Firenze!
La loro decorazione fu appannaggio dell’Arte di Calimala, che si contrapponeva all’Arte della Lana che invece si prese l’impegno di decorare la facciata del Duomo, andata poi smantellata sotto Francesco I, per quanto fosse su progetto di Arnolfo di Cambio. Ora è possibile veder ricostruite insieme queste due facciate nel Museo dell’Opera del Duomo.”
Qui il nostro percorso alla scoperta del Museo dell'Opera del Duomo, e qui il tour nella Bottega dell'Opera del Duomo.
La competizione è da sempre, e non soltanto nell’arte, una delle cifre distintive di Firenze e la si riconosce anche nei due affreschi dedicati ai condottieri - eseguiti da Paolo Uccello e da Andrea del Castagno - “il secondo dei quali, del 1456 e dedicato a Niccolò da Tolentino, sembra voler superare il primo, che ritrae John Ackwood, nonostante siano stati eseguiti a distanza di vent’anni…”, spiega il canonico Verdon, che dal New Jersey prima e da Yale poi è giunto studente quasi 50 anni fa in Italia, prima a Venezia e poi a Firenze, dove si è stabilito.
Una delle meraviglie che forse subito non si apprezzano nella grande struttura, è il pavimento marmoreo riccamente decorato “fu voluto dai Medici divenuti finalmente Granduchi di Toscana - racconta il Monsignore - che riuscirono in questo modo a superare l’effetto che la cattedrale non sembrasse più semplicemente un grande mercato al coperto.
Il pavimento originario era infatti in cotto, esattamente come le strade cittadine che oggi vediamo invece nella pietra grigia voluta dai Lorena, e dava una sensazione di scarsa luminosità… in questo modo invece i signori di Firenze si muovevano su un palcoscenico marmoreo di ricchezza ed eleganza, una cornice di potere che si definiva completamente quando il Granduca si assideva dopo l’ingresso in Duomo al proprio posto, dinanzi al Vescovo, durante le grandi solennità, circondato da centinaia di candele disposte in candelabri posati sul colonnato intorno all’abside centrale. Sembra che Cosimo I dicesse che solo in quei momenti si sentiva davvero Granduca di Toscana.”
E per certo si sarà sentito Granduca quando alzava gli occhi alla cupola, nonostante non fosse ancora affrescata. Firenze, infatti, secondo quanti avevano poca fiducia nei costruttori e negli architetti del tempo ebbe per lungo tempo a disposizione “il buco più grande del mondo”, poiché dopo il 1380 fu chiaro quali avrebbero dovute essere le dimensioni della cupola (ovvero quelle del Pantheon di Roma) ma una volta messa a punto la struttura, per diversi anni, non ci fu nessuna copertura.
Fino a quando, come racconta il Vasari nella sua Vita di Brunelleschi, che aveva trascorsi a Roma diversi anni, “Pippo, come veniva chiamato l’architetto per la sua altezza contenuta, non convinse le maestranze e i governanti cittadini con lo stratagemma dell’uovo che sarebbe riuscito a costruire la cupola del Duomo - aggiunge il religioso, che per la Diocesi di Firenze è il responsabile per l’Arte sacra e i Beni ecclesiastici -.
L’esito è quello che possiamo visitare ancora oggi: due cupole titaniche l’una interna all’altra, con un passaggio tra queste che consente di percorrerla, senza utilizzare quel cemento armato che i Romani avevano scoperto ma che il Medioevo aveva perduto… L’esito furono 12 archi gotici rafforzati da 8 catene. Il tutto costruito senza ponteggi, il che fece gridare i Fiorentini e i viaggiatori al miracolo.”
La scelta del Brunelleschi fu infatti quella di costruire come nel Medioevo si edificavano le torri, attraverso quelle che si chiamano “bocche o buche pontaie”, ancora oggi sono visibili negli affreschi (una la si riconosce alla figura femminile che rappresenta la Chiesa).
“cominciò all’altezza della balaustra, inserendo travi di 20 metri che al centro lasciavano una decina di metri liberi, attraverso cui appunto passavano i materiali e che impressionava poiché dava l’idea di un ponteggio aereo, a oltre 50 metri d’altezza e che i contemporanei chiamarono la magna rota. In quattordici anni la struttura, anche se senza tegole, fu pronta, per quanto mancasse la lanterna che fu un’importante aggiunta posteriore.
La consacrazione dell’intera cattedrale risale al 1436 e fu allora che la Curia si rese conto che alla chiesa mancava un ‘coro’; per questo bandì una gara, cui fu invitato a partecipare anche Brunelleschi il cui progetto fu tuttavia scartato… -conclude con un sorriso Monsignor Verdon, ribadendo lo spirito di contraddizione dei fiorentini di ogni tempo - In fondo, ancora oggi, nonostante la bellezza e il valore del complesso di piazza Duomo abbiamo dovuto aspettare decenni prima che il Comune riuscisse ad apprezzarne il valore e proteggerlo dal traffico… se non è contraddizione della fortuna di un simile patrimonio questo…”