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27 Luglio 2015

Stefano Contini ricorda l'artista Igor Mitoraj

Il famoso gallerista ci parla di un artista indimenticabile

Il ricordo di Igor Mitoraj di Firenze Magazine risale a qualche anno fa, nel corso di una intervista nella sua casa a Pietrasanta, durante un pomeriggio invernale. Fu uno degli incontri più intimi che un artista ci ha regalato.

Parlammo a lungo di fronte al cammino acceso: del suo arrivo in Versilia qualche anno prima e di quanto era legato a questa terra, che sempre più raramente lasciava per degli intervalli parigini. Fuori il piccolo borgo “intagliato” nel marmo sembrava aver ritrovato la sua armonia dopo i fasti estivi.

In quell’occasione emerse un uomo gentile e a tratti fragile, diverso da quella divintà del bronzo che sospetti aver forgiato le sue statue monumentali ed eterne. Una delicatezza d’animo che sentivi dover ripagare con uguale gentilezza: fu un incontro lungo, senza fretta e senza pressioni. Ci fece anche entrare nel suo studio, luogo privilegiato di incredibile armonia. Stefano Contini, a cui abbiamo chiesto un ricordo del Maestro, ci ha confermato le impressioni di quel pomeriggio.

A quando risale il vostro primo incontro?
Il nostro primissimo incontro fu nel 1984: io smontavo una mostra a Castel Sant’Angelo, appena terminata, e lui arrivò con le sue opere. Ma la nostra collaborazione è iniziata nel ’95, con una bellissima mostra nella mia galleria di allora a Pietrasanta.

La fuga dalla sua terra, da una civiltà che si disgrega: le ha mai raccontato come queste suggestioni che si era lasciato dietro le spalle erano diventate le sue splendide sculture, ferite, frammentarie e allo stesso tempo perfette?
Vede la grande arte nasce da una felicità incontenibile quasi mistica, o più spesso da un dolore. Igor portava dentro il ricordo di una terra lacerata, di una famiglia divisa e mai ricostruita. La madre lo aveva concepito durante un incontro con un soldato francese in un campo di concentramento. E lo aveva allevato da sola, con grande coraggio. Era stata proprio lei a spingerlo ad andare a Parigi, con una borsa di studio, per seguire la sua grande passione per l’arte.

Un padre sempre cercato e forse mai veramente voluto trovare. Anche questo un tema che tornava nelle sue opere?
Si certamente, questi dei caduti, queste figure bendate e silenziose raccontano al mondo questa sua ferita mai risolta
Igor, dopo molte ricerche, arrivò alla porta del padre, e decise di non entrare. Ha avuto paura, preferendo vivere con questa mancanza.

Era cambiata la sua arte negli anni del suo esilio voluto tra Parigi e Pietrasanta?
Era maturato, mai la sua arte è stata così bella come negli ultimi anni.
Un grande artista non smette di evolversi, perché non smette di dedicare tutta l’energia a quello che fa. Non ha scelta, è come un fuoco dentro… E per Igor era esattamente così.

L’ultima mostra insieme è quella in piazza dei Miracoli, a Pisa?
Si , che tra l’altro è stata prorogata fino ad aprile. A primavera stiamo preparando le celebrazioni a Pietrasanta, sua patria di adozione, dove ha scelto di essere tumulato. E poi nel 2016 saremo a Pompei. Mi dispiace che non possa vedere questo capitolo della sua opera.

Cosa l’uno dava all’altro, in un rapporto che capisco essere stato profondo ?
Professionalmente eravamo come due ingranaggi di un meccanismo perfetto: collaborare ci rendeva il grado di ottenere il massimo, ognuno nel suo ruolo. Nel privato eravamo due amici, che davano un gran valore alla sincerità reciproca.

Cosa, dell’opera di Mitoraj, emoziona un pubblico così trasversale: collezionisti ma anche gente comune ?
E’ un inno alla bellezza che non rispecchia la nostra epoca convulsa.
Ma che porta in sé un messaggio profondamente moderno. E’ stato uno dei pochi artisti in grado di sfidare l’arte antica.Una armonia che sembra appartenere a certi busti ellenici. E una proporzione che nelle statue monumentali come in quelle più piccole.

Dove Igor aveva imparato questa sapienza antica?
Agli inizi, quando era un giovane artista senza soldi, non poteva permettersi i costi delle statue. Allora disegnava. Credo che abbia imparato in questa fase il senso delle proporzioni. Il nucleo più cospicuo dei suoi disegni appartengono oggi alla Galleria degli Uffizi, grazie a una donazione di qualche anno fa.

Le sue opere da non perdere in Toscana
Il Centauro a Pietrasanta e il Tindaro screpolato a Boboli sono capolavori, grandissimi e fragili. Come lo era lui.  

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