Alla scoperta della manifattura fiorentina di Salvatore Ferragamo
Un laboratorio che coniuga al meglio savoir-faire e made in Italy
Il marchio Salvatore Ferragamo nasce con le scarpe, e tutto il suo heritage ruota attorno al know how storico e identitario che deriva dall’arte applicata da Salvatore Ferragamo alla creazione delle scarpe. La famiglia - senza che questo abbia mai costituito un ostacolo all’evoluzione dell’azienda e del marchio, oggi quotato in borsa con risultati encomiabili - ha conservato le scoperte e il sapere del capostipite con un sentimento che verrebbe da definire epico, e c’è un tempio dove tutto questo ha la sua più alta rappresentazione: la manifattura di Sesto Fiorentino, a pochi chilometri da Firenze. Qui si producono i modelli della linea esclusiva Ferragamo’s Creations (che riedita i modelli originali di Salvatore Ferragamo), le scarpe per le sfilate e i prototipi della collezione di scarpe donna realizzate poi da una filiera di aziende altamente fidelizzate. In questa università della calzatura non ci sono libri, ma solo la memoria storica delle persone che hanno imparato da altre fino ad arrivare a Salvatore Ferragamo, ma che coerenti a un sacrosanto principio evolutivo hanno migliorato, perfezionato e ottimizzato tecniche e procedure.
Ci accoglie nella blindatissima azienda - dove il lavoro pulsa e l’attenzione circola dalle mani al cervello - James Ferragamo, direttore prodotto pelle donna del Gruppo. Tra rotoli di pelli (al 99% di provenienza italiana, e per buona proveniente dal vicino distretto conciario di Santa Croce), modelli di carta e forme di scarpe la professionalità e l’esperienza toccano livelli così alti e sofisticati da sfiorare quasi la fantascienza. “Una scarpa fatta a regola d’arte è frutto di mille accorgimenti - ci spiega - e la qualità di una nostra scarpa è il risultato di una miriade di queste tesserine, le più invisibili al consumatore ma ben note a chi ha fatto diventare la sua tesserina un’arte”. Quante tesserine per una scarpa? “Circa 200 operazioni, dal momento in cui si taglia la tomaia fino a quando mettiamo il prodotto nella scatola” svela il nipote del grande Salvatore, che ha realizzato di tutto punto la sua prima scarpa a tredici anni (un paio di Varina per la nonna inglese) proprio in questa manifattura, studi negli USA e gavetta senza nessuna concessione al nome nelle retrovie aziendali.
“Il tempo di formazione minima di un operario-artigiano è di quattro o cinque anni”, continua Ferragamo mentre attraversiamo i vari reparti: Stile, Modelleria Creativa, Modelleria Tecnica, Taglio, Giunteria (dove si unisce il doppio strato di fodera e tomaia che costituirà la parte superiore della scarpa) e Manovia dove si assemblano tutti i componenti (il banchetto di Salvatore Ferragamo tradotto in linea), e dove si trova l’unica vera macchina hi-tech dello stabilimento, la Premonta che ha velocizzato e perfezionato il montaggio della parte anteriore della scarpa.
Una modellista ridisegna uno schizzo dello stilista Massimiliano Giornetti sulla forma. “Questa è la fase più complessa della progettazione - spiega James - perché dobbiamo trasformare un’idea bidimensionale, in qualcosa di tridimensionale senza perdere importanti parametri di proporzioni ed eventuali disarmonie che possano arrecare fastidio al piede”.
Il fondamentale di una scarpa Ferragamo è che oltre a essere bella deve anche calzare, cioè permettere a chi la indossa di distribuire correttamente il peso del corpo sul piede senza provare mai il minimo senso di costrizione. Quindi leggerezza assoluta (di pelle, fodera e cuoio), flessibilità (gli elementi della tomaia sono assemblati con il minore impiego di colle, cuciture e accoppiature, e ogni paio di scarpe “stagiona” per 4 giorni sulla forma per modellare bene il tallone realizzato con un’anima organica non rigida), comodità di calzata (ogni numero viene sviluppato in svariate misure di pianta espresse in lettere e in numeri romani, fino a 120 “volumi calzata”!). Ma la più grande invenzione di Salvatore Ferragamo, dopo aver passato nottate intere sui libri di medicina anatomica, è posizionare il tacco in modo tale da sostenere naturalmente l’arco del piede, vicino al tallone, senza spostare il baricentro, e mantenere in equilibrio la postura del corpo. Intuizione rivoluzionaria da cui deriva anche l’invenzione del cambrione (un brevetto del 1931, uno dei suoi 400!) un sistema di rinforzo posto nella soletta sotto l’arco del piede, in lamina metallica, leggerissima, ma capace di sostenere il piede nel punto esatto del baricentro. Tutto rigorosamente in uso ancora oggi.
Camminare attraverso i banchi di lavoro di questo laboratorio significa passare in rassegna la galleria dei dettagli che fanno la differenza. Toglierne uno significherebbe togliere un fondamentale al comfort, alla bellezza e alla vestibilità di una scarpa Ferragamo.