Advertising

Connect with Firenze Made in Tuscany

Sign up our newsletter

Get more inspiration, tips and exclusive itineraries in Florence

+

Francesca Lombardi ph. Pasquale Paradiso

10 Ottobre 2016

Riapre con una mostra imperdibile il Centro Pecci di Prato

Fabio Cavallucci direttore del nuovo Centro Pecci racconta il nuovo museo e la mostra La fine del mondo

Abbiamo incontrato Fabio Cavallucci alla vigilia della riapertura del Centro Pecci. Un progetto ambizioso e affascinante, un’occasione per la città, che lui ha voluto e pensato passo dopo passo.

Un nuovo edificio, una grande mostra internazionale. Il 16 ottobre rappresenta un momento importante...
Sì, è una grande sfida. Ma un museo che apre, o meglio, come questo, che riapre dopo consistenti lavori di ampliamento, deve rappresentare fin dall’inizio le intenzioni della sua ricerca….

Partiamo dalla mostra: La fine del mondo.
In tempi di cambiamenti climatici globali, di guerre diffuse che hanno fatto dire al Papa che siamo di fronte alla Terza guerra mondiale anche se combattuta a pezzetti, di esodi e di migrazioni irrefrenabili, di Brexit che se non di tutto il globo segna perlomeno la fine dell’Europa, non sembra eccessivo parlare di fine del mondo: uno sguardo catastrofico sembrerebbe consentito ed è, diciamolo, avallato dagli eventi.
Non è questo il tema che la mostra vuole affrontare. Questa fine del mondo non una fine catastrofica, apocalittica. Certo, c’è anche questo rischio, che una ristrutturazione dei rapporti politici e sociali come risultato dei cambiamenti già avvenuti implichi anche fatti eclatanti. Anzi, purtroppo è ciò che storicamente è avvenuto nella maggioranza dei casi.

Quindi qual è la sua interpretazione della parola fine?
È più un senso di distacco dal presente che vogliamo sottolineare: il mondo appare davanti a noi come prima, sembra ancora un meccanismo compiuto e funzionante, e invece è un reperto fossile. Perché la fine del mondo, in fondo, è già avvenuta. Non la fine del pianeta, ovviamente: è la fine del “nostro” mondo, dei processi percettivi e cognitivi che dall’antica Grecia a oggi hanno costituto le basi del sistema di pensiero occidentale, che poi è quello oggi globale.

Che significato avrà questo profondo cambiamento per l’umanità?
Come ogni epoca che volge al termine, anche questa ci spinge a guardare indietro, a ripensare al passato, ai tempi del pianeta che sono incommensurabilmente più lunghi di quelli umani: gli spazi cosmici, gli anni luce che ci separano dalle stelle più vicine, i moti inesorabili delle galassie, delle stelle, dei pianeti. In questi spazi enormi e in questi tempi sempiterni, la nostra esistenza umana si riduce a una dimensione infinitesimale. È un po’ come se entrassimo dentro il nuovo edificio di Maurice Nio, una specie di navicella spaziale arrivata da chissà quale pianeta o pronta a partire per chissà quale luogo del cosmo, e ci trovassimo istantaneamente proiettati a qualche migliaio di anni luce di distanza dalla Terra.

E dentro questa navicella…
Su una superficie espositiva di oltre 3000 metri quadrati, le opere di oltre 50 artiste e artisti internazionali ci condurranno attraverso una sorta di esercizio della distanza, che spinge a vedere il nostro presente da lontano. Il percorso inizia con un’installazione dell’artista svizzero Thomas Hirschhorn: un Break Through, uno sfondamento da cui cadono i cascami di un’altra dimensione. Una volta all’interno si sperimenterà la sensazione di vedersi proiettati a qualche migliaio di anni luce di distanza da noi, rivedendo il nostro mondo come un reperto fossile, lontano ere geologiche dal tempo presente.

E dalla navicella come ci apparirà questo mondo?
Quel mondo che abbiamo conosciuto dall’origine dell’umanità a oggi, il nostro mondo, ci appare già finito, e la sensazione sarà quella di essere sospesi in un limbo tra un passato ormai lontanissimo e un futuro ancora distante. La fine del mondo si colloca all’interno di questo limbo e attraverso lavori di natura diversa, spesso da attraversare, da esperire fisicamente, in una scansione di spazi e di suoni che si succedono, ci trascinerà in un movimento continuo, ineluttabile, una specie di loop, di eterno ritorno che ritmicamente ci allontana e ci riavvicina al presente, proponendoci nuove chiavi di lettura.

Lei parla spesso di due forze che si generanno da questo nuovo spazio…
Sì, una centripeta e una centrifuga… abbiamo bisogno di portare pubblico nel territorio ma anche di radicare il centro al territorio. Per questo, nel periodo che ha preceduto l’inaugurazione, abbiamo pensato a un altro progetto, curato da Stefano Pezzato. Un progetto che fa da introduzione e cornice alla mostra La fine del mondo e ha portato le opere raccolte in tre decenni di attività del centro in alcune fra le più prestigiose sedi istituzionali della regione: Anish Kapoor al Museo di Scienze Planetarie di Prato; alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Remo Salvadori; a La Specola, Michelangelo Pistoletto; Mario Merz al Museo Leonardiano di Vinci; Daniel Spoerri al Museo e Istituto Fiorentino di Preistoria Paolo Graziosi; alla Normale di Pisa, Giulio Paolini.

La funzione essenziale di queste opere?
Da ognuna delle opere d’arte contemporanea selezionate scaturisce una possibile “visione del mondo”, mentre da ciascun ambito di studio e di ricerca in cui si collocano le opere derivano possibili interpretazioni in uno scenario inedito nei quali l’arte e le scienze tornano a dialogare e a confrontarsi fra di loro. A ciascuno di questi importanti luoghi del sapere abbiamo poi richiesto un contributo specifico: il prestito di materiali o un possibile intervento riferiti alla questione più generale de La fine del mondo, presentati al Centro Pecci o pubblicati sul sito e nel catalogo della mostra….

Abbiamo toccato un’altra importante novità; un museo non solo spazio espositivo ma da vivere a 360°...
Maurice Nio ha scelto per il nuovo edificio un titolo dal forte sapore evocativo: Sensing the Waves, suggerendo la sua funzione di recettore e trasmettitore, capace di captare e divulgare le vibrazioni del tempo presente. Il progetto di Nio mira inoltre a favorire la permeabilità fra il Centro e il suo territorio.

Come è stato reso possibile?
Grazie alla nuova entrata, al bookshop e al ristorante all’interno di un corpo trasparente al piano terra, il Centro si rivolge all’esterno, sollecita curiosità, invita all’interazione, si apre alla città, mediato da un giardino sperimentale e da una ampia piazza. Le aperture serali (d’inverno fino alle 23 e d’estate fino alle 24), i cicli di conferenze e corsi, le proiezioni nella nuova sala cinematografica vanno infine nella stessa direzione: creare un forte legame tra il Centro, Prato e la Toscana.

Inspiration

Connect with Firenze Made in Tuscany