P come Prada. Il glamour e il talento
Appuntamento con i grandi della moda italiana. Oggi parliamo di "Stile-Prada"
Si faccia avanti chi non ne ha mai desiderato un abito, una borsa, una scarpa. In breve si legge Prada Group, argomento del lusso, si scrive Miuccia la creativa e Bertelli il marito, pioniere di nuovi modelli imprenditoriali.
Tutto iniziò in Galleria Vittorio Emanuele II di Milano, nel 1913 con Mario Prada, nonno di Miuccia uomo con idee ben chiare: creare oggetti che fossero di moda e capaci di non passare di moda nel giro di una stagione. Vendeva articoli da viaggio in materiali pregiati, utilizzando tecniche sofisticate. Inventò anche il marchio: la targhetta rovesciata triangolare.
Nessuno dei figli maschi alla sua morte volle far parte dell’azienda, fu la figlia Luisa a ricevere il timone cha passò nel 1971 a Miuccia sua figlia. Miuccia comincia a camminare un kilometro avanti a tutti e trasforma l’azienda in impero del lusso.
La collaborazione con Patrizio Bertelli è della fine degli anni Settanta. Nel 1988 applicare la famosa targhetta triangolare allo zaino di nylon, il tessuto dei paracadutisti, fu un successo planetario, un tam tam non verbale che dette origine a una svolta decisiva: trasformare un accessorio in oggetto del desiderio.
L’inizio della nuova Prada. La ex jeune fille della buona borghesia, ex-sessantottina appassionata di teatro e mimo con laurea in Scienze Politiche che andava alle manifestazioni vestita Yves Saint Laurent con ai piedi gli zoccoli, si trasforma in geniale creatrice di moda. Da li parlano le tappe, tutte vincenti.
Le collezioni Prada sfilano a Milano, le prime mostre d’arte nella nascente Fondazione debuttano nel 1993, nello stesso anno la prima collezione Miu Miu, linea giovane indipendente dalla linea Prada, che poi prenderà il volo per sfilare a Parigi e ancora dello stesso anno Prada Uomo, nel 1997 Prada Sport.
E’ del 2015 l’inaugurazione della nuova Fondazione Prada, ex distilleria riprogettata da Rem Koolhaas con sale espositive per la collezione permanente e mostre temporanee.
La coppia reale del mondo della moda, con sodalizio amoroso e lavorativo, assomiglia a due pezzi di puzzle che se vivono è solamente così che stanno. Ma che cosa ci ha incatenato a questo stile? Ogni abito è la sintesi di un sentire colto che ama l’arte, la musica, la letteratura, il cinema che riesce a distillare e riunire nei capi, dimostrando una insolita libertà di mente.
Una moda concettuale e femminista che si concentra su quello che piace alle donne e le rende desiderabili a loro stesse. “Il vestito è qualcosa di molto intimo, quando ti vesti stai rendendo pubblica l’immagine che hai di te. Vestirsi è uno strumento che aiuta a esprimere ciò che hai nella testa”. Trent’anni di collezioni dove a emergere sono le nuove idee, la lavorazione e la cura del dettaglio.
Abbiamo visto di tutto di più: gonne con ghirigori di volants, riferimenti agli anni Cinquanta, allo stile Courrèges a Paco Rabanne, il periodo minimalista, il periodo Ugly Chic, ricami di perline, trionfi di paillettes, abiti lampadario tintinnanti di gocce di cristallo, gilet di nylon abbinati a guanti lunghi fin sopra il gomito, anfibi con gli abiti da sera, corsetti sopra i cappotti militari, turbanti e mutande di satin, lunghe frange che scoprono le gambe, la smodata passione per i gambaletti, i calzini di lana indossati con le scarpe aperte, sandali con tacchi mai esagerati, accostamenti di colori inediti, stoffe impalpabili accostate e pesanti tessuti scozzesi, occhiali, borse anche piccolissime come porta rossetto, macro gioielli. Insomma tutto ciò che è in sintonia con il momento storico che viviamo, senza dimenticare il rapporto tra femminilità, femminismo e moda.
Una moda che si reinventa stagione dopo stagione senza mai fare un passo indietro, uno stile che mette a fuoco il disordine estetico della nostra contemporaneità. Ma queste vittorie non hanno scalfito neppure un po’ il suo carattere schivo, non ama essere riconosciuta, poche interviste, poca ribalta neppure quando si affaccia alla fine delle sfilate, in verità una finta uscita in cui si intravede un braccio per salutare e una caviglia.
E tanto basta perché l’aria si trasformi in applausi. In molti hanno provato a immaginare le novità che sarebbero arrivate nelle strade, impossibile, le sue proposte scaturiscono non da ciò che il mercato richiede o da una deviazione di ciò che esiste. E’ invece un mettersi in gioco ogni volta. Un racconto intimo carico di libertà intellettuale.