Nel laboratorio di Gucci
Scopriamo insieme tutti i segreti che si celano dietro agli iconici prodotti del brand
Ci sarà una ragione al perché tutte le grandi maison della moda vengono in Italia a produrre i loro articoli. Semplice: la qualità dei materiali ma soprattutto la versalità, la bravura, la sacralità e l’intelligenza delle mani degli artigiani al lavoro, sono imbattibili. Gucci nella persona del direttore creativo Frida Giannini, ha puntato molto l’accento sull’eredità culturale e storica del marchio, sul savoir faire delle migliaia di artigiani che ancora oggi lavorano per la casa fiorentina. Visitare per la prima volta la sede di Gucci a Casellina, periferia di Firenze, suscita sorpresa. Il quartier generale è blindatissimo, in effetti ad ogni angolo sembra si respirino i segreti che poi saliranno in passerella. Si entra con budge differenziati a seconda delle aree. E siamo in uno spazio che oltre a ospitare quasi mille persone accoglie anche la produzione di borse, scarpe e pelletteria della serie limitata. Ovvio che una parte produttiva della maison si sviluppi fuori dalla sede di Casellina, attraverso una rete di fornitori, piccole e medie imprese tutte Made in Italy, che lavorano quasi esclusivamente per la Gucci.
La visita ai diversi reparti, racchiusi in stanze ovattate, si snoda attraverso un vero e proprio viaggio fra i mestieri della tradizione italiana. Si fa ricerca e quindi sviluppo, allora le stanze sono piene di materie prime di tutti i tipi, dalle pelli di pitone, di coccodrillo, di struzzo e anaconda, ai rotoloni di tela stampata Diamante o con le identificabili staffe. La valutazione della qualità delle pelli è tutta di impronta artigianale, perché bisogna capire come lavorarla al meglio. Va riconosciuto alla Gucci la grande attenzione nei trattamenti delle pelli affinché non siano più presenti sostanze chimiche tossiche, come avveniva fino ad alcuni anni fa con la conciatura al cromo.
A pochi step di distanza si entra nell’area taglio. Dieci/quindici operatori che come primo passaggio raggruppano le pelli per tipologia e colore e quindi si apprestano a eseguire il taglio chirurgico evitando sprechi e valorizzando al meglio la pelle per quel particolare articolo. Solo un occhio e una mano allenata può capire se il risultato avrà l’effetto voluto dal direttore creativo e il suo team. Alcuni artigiani ricordano ancora di aver visto nascere, nel problematico dopoguerra, il celebre manico di bambù. Che ovviamente arriva dalla Cina ma attenzione solo le radici uscite dal terreno vengono prelevate così da non causare alcun impatto negativo sulla foresta. Il ramo viene “fiaccolato” per imbrunirlo e quindi piegato, lucidato, messo in forno per trasformarlo in manico.
C’è poi l’area dedicata all’assemblaggio, una vera magìa, dove lentamente i tanti elementi cominciano a prendere la forma definitiva dell’oggetto. Qui nella sede di Casellina ci si occupa anche degli ordini Top Clients: accessori super personalizzati destinati a Commandes Speciales e persone speciali. Curioso come tutto questo marchingegno sia stato voluto e soprattutto sia continuamente monitorato dalla gioiosa macchina da lavoro che è Frida Giannini, nuova immagine della donna di potere, direttore creativo di tutto ciò che porta il marchio Gucci, “nata” in fabbrica a lavorare per il lusso più lussuoso. A dimostrazione di come radici ben salde (novanta anni di Gucci non si imitano facilmente!), impegno e una visione solida dei mercati e su quello che succede nel mondo, paghino sempre.