Louise Bourgeois a Firenze
Dal 22 giugno al 20 ottobre due grandi mostre al Museo Novecento e al Museo degli Innocenti
Il Museo Novecento celebra il suo decimo anniversario dalla sua apertura con una bellissima mostra dal titolo Do Not Abandon Me, dedicata a Louise Bourgeois, una delle protagoniste assolute dell’arte del XX e XXI secolo. Pensata in stretto dialogo con l’architettura delle Ex Leopoldine, l’esposizione dà modo di apprezzare dal vivo quasi cento opere dell’artista, tra cui molte su carta, tra gouache e disegni, realizzate negli anni duemila oltre a sculture di varie dimensioni, in stoffa, bronzo, marmo e altri materiali. Centrale la scultura Spider Couple (2003), una delle creazioni più celebri ed emblematiche della Bourgeois, installata nel cortile del museo.
Per la mostra è riproposta la collaborazione con l’Istituto degli Innocenti: nato nel 1419 come ospedale con il preciso scopo di accogliere l’infanzia priva di cure familiari in un ambiente contraddistinto dall’alto pregio artistico e architettonico. Da allora, l’Istituto non ha mai interrotto la sua mission originaria, spesso precorrendo le innovazioni per la cura dei più piccoli. Il complesso progettato da ospita Cell XVIII (Portrait), un’opera di Bourgeois dal forte impatto visivo in potente risonanza con la storia e la collezione degli Innocenti, scelta da Philip Larratt-Smith in dialogo con Arabella Natalini, direttrice del Museo degli Innocenti, e Stefania Rispoli, curatrice del Museo Novecento.
La mostra Do Not Abandon Me, fortemente voluta dal direttore del Museo Novecento e la cui gestazione risale a sei anni fa, occupa quasi per intero l’edificio delle Ex Leopoldine, tra le sale al piano terra e al primo piano. Si tratta della più estesa e importante rassegna di gouaches rosse di Louise Bourgeois con un focus tematico sul motivo della madre e del bambino. Il titolo della mostra fa riferimento alla paura dell'abbandono che Bourgeois ha sempre nutrito e che in questo caso si riferisce alla diade madre-bambino, che costituisce il modello di tutte le relazioni future. La maternità e le inquietudini ad essa correlate erano al centro della concezione che Bourgeois aveva di sé stessa. Allo stesso tempo, man mano che la vecchiaia la rendeva più fragile e più dipendente dagli altri, uno spostamento inconscio verso la madre ha caratterizzato nuovamente il suo lavoro. Realizzate negli ultimi cinque anni della sua carriera, le gouaches esplorano i cicli della vita attraverso un'iconografia di sessualità, procreazione, nascita, maternità, alimentazione, dipendenza, coppia, unità familiare e fiori. Per realizzarle Bourgeois lavorava ‘bagnato su bagnato’, il che significava rinunciare a un certo controllo sul risultato finale per accogliere il gioco del caso e del destino. Il rosso, tra i colori preferiti e più ricorrenti nel suo lavoro, evoca all’interno delle gouache i fluidi corporei, come il sangue e il liquido amniotico. Particolarmente interessante è la collaborazione di Louise Bourgeois con l'artista britannica Tracey Emin (Margate, 1963). In mostra è presentata una serie di sedici stampe digitali su tessuto intitolata Do Not Abandon Me (2009-10), nata dall'incontro tra le due artiste.
Emblematico l’allestimento dell’opera Spider Couple nel chiostro rinascimentale: il chiostro, realizzato su progetto di Michelozzo e tradizionalmente destinato alla meditazione e alla contemplazione accoglie una scultura da terra composta da un ragno in bronzo e da un uovo in marmo, mai esposta al pubblico prima d'ora. Al raccoglimento e alla contemplazione di spazi in passato quotidianamente vissuti, invita anche Cell XVIII (Portrait) (2000), la “cella” presentata al Museo degli Innocenti, inserendosi all'interno del percorso Arte che unisce la galleria soprastante il loggiato brunelleschiano di facciata e gli ambienti del Coretto che si sporgono sull'antica Chiesa di Santa Maria degli Innocenti. Pur appartenendo allo stesso ciclo di Peaux de Lapins, il soggetto racchiuso in Cell XVIII (Portrait) sembra reinterpretare peculiarmente l’iconografia della Madonna della Misericordia, ricorrente in alcune opere tra le più emblematiche della collezione e fortemente rappresentative della vocazione di accoglienza dell’Istituzione. L’opera dialoga dunque con tale missione, negli spazi dove riecheggiano storie diverse tra loro, intrise di desideri e paure espresse dalla stessa Bourgeois, che non escludono però, qui, il possibile concludersi di un'attesa.