Louis Vuitton. Il tempo di Nicolas
Appuntamento con gli scatti tratti dai nostri shooting. Questa volta dedicato a LV e la sua storia infinita
LV, solo due consonanti ma molto celebri nel mondo. Una storia scritta, riscritta fino al limite. Ma tant’è, Louis Vuitton, malletier à Paris – maison fondée en 1854, di strada ne ha fatta grazie a quel genio di Louis che intravide nel viaggio la realtà del futuro. Quei wardrobe viaggianti a forma di parallelepipedo che rinunciarono alle tradizionali forme bombate di allora per facilitare gli spostamenti con i nuovi mezzi di trasporto, ideati per evitare al viaggiatore di disfare il bagaglio, realizzati in leggero legno di pioppo rivestito con una speciale tela impermeabile.
Anni dopo la valigeria quella più morbida e leggera creata da George Vuitton insieme alla tela Monogram e la piccola pelletteria. Dal 1959 la produzione si amplia per comprendere anche borse e accessori. L’arrivo dell’americano Marc Jacobs nel 1997 quale direttore creativo delle collezioni di abbigliamento uomo, donna e di tutti gli accessori, determina l’ingresso della maison Louis Vuitton nel mondo del prêt-à-porter. Entrato più volte nella classifica di stilista fra i più influenti, dalle prime collezioni minimali, Jacobs passa a abiti dichiaratamente più sensuali.
Poi le collezioni si riempiono di pattern decorativi, floreali e geometrici. E’ del 2003 la serie delle borse Monogram Multicolor realizzate in collaborazione con l’artista Takashi Murakami. Il ragazzo di New York è riuscito a smitizzare un simbolo francese come la Toile Monogram! Il 2013 però è un anno di svolta, si chiude la collaborazione tra Louis Vuitton e Marc Jacobs.
Al suo posto viene nominato, per le collezioni donna, Nicolas Ghesquière, stilista conosciuto per il suo lavoro nel marchio Balenciaga. Appassionato, cerebrale, rivoluzionario nello stile, teorico di una nuova modernità, perfezionista al limite del maniacale. La sua prima collezione è un successo. “Ho domandato agli artigiani della pelletteria che di solito si occupano di borse di pensare ai pantaloni, gonne e cappotti.
A quelli che si occupano della maglia di immaginare tessuti e a quelli che lavorano con le stoffe di guardare alla maglia….” Guesquière è riuscito a trasferire l’idea che abbiamo delle borse Vuitton, pezzi cult a cui è impossibile resistere, all’abbigliamento, capi che mantengono intatto il dna della maison fatto di lusso e savoir faire. L’ultima sfilata quella dell’a/w 2020-21 ha voluto immaginare cosa succederebbe se ci potessero vedere dal passato: attori di un coro vestiti secondo le epoche che vanno dal Quattrocento al 1950 e noi con i nostri capi ‘performanti’.
Hanno sfilato pantaloni da paracadutista con giacchini da torero, giacconi a vento per la montagna con gessati sartoriali, gonne a ruches come gorgiere, babydoll flottanti. Forse una collezione dissonante, ma a saper vedere piena di possibilità. Abbiamo visto un marchio ben radicato nell’immaginario collettivo, ma giovane nell’abbigliamento. A Ghesquière il compito di portarlo alla maturità.