Le donne del Rinascimento
Un sensazionale viaggio nel tempo alla scoperta di donne muse
Tra il Cinquecento ed il Settecento le donne iniziano ad occupare alti spazi della società, protagoniste degli eventi storici, ed in alcuni casi anche di guerre. Grazie alle dinamiche della discendenza di sangue, le donne rinascimentali entrano in politica: sono duchesse, marchese, principesse o regine. Sovrane rispettate, contesse temute o ideali letterari, ecco alcune delle donne rinascimentali che hanno lasciato una traccia nella storia e nella nostra Firenze.
Simonetta Cattaneo Vespucci (Fezzano, 28 gennaio (?) 1453 – Firenze, 26 aprile 1476) Nata nel 1453 a Portovenere da una famiglia del patriziato mercantile genovese. Soggiorna alla corte di Piombino e si sposa, a sedici anni, con Marco Vespucci cugino del navigatore Amerigo (che ha dato il nome al Nuovo Continente). Vive a Firenze dal 1469 al 1476 nella ristretta cerchia della corte medicea, quando viene colpita dalla polmonite che la porta ad una morte prematura all’età di ventitre anni. Amata dai fratelli Lorenzo e Giuliano De Medici e da Alfonso d’Aragona, viene celebrata in versi dai De Medici e da Poliziano, nella sua opera le Stanze e immortalata dal pittore Botticelli La nascita di Venere, la Primavera e il Sogno di Giuliano che il Poliziano aveva suggerito a Botticelli. Alla sua morte il grande artista lasciò scritto di essere sepolto ai suoi piedi, infatti venne sepolto nella chiesa di Ognissanti, patronata dalla famiglia Vespucci.
Artemisia Gentileschi (Roma 1593 - Napoli 1652/53): pittrice romana (battezzata nella parrocchia di San Lorenzo in Lucina), nasce dal pittore Orazio Gentileschi, pisano allora trentenne, e da Prudenza Montone, che morì quando lei aveva dodici anni. Prima di sei figli (tutti maschi), viene istruita in tenerissima età alla pittura dal padre, seguace della maniera caravaggesca. Sposa il fiorentino Pierantonio Stiattesi e si trasferisce a Firenze. Viaggia però molto tra Roma e Firenze, realizzando una serie di opere - come la Maddalena e la Giuditta e Oloferne, oggi alla Galleria degli Uffizi- nelle quali è cospicuo l'influsso paterno. Nel 1621 parte con il padre alla volta di Genova, l'anno seguente torna a Roma per rimanervi tre anni. Nel 1627 circa si trasferisce a Napoli dove i suoi lavori riscontrano un certo successo. Inoltre qui Artemisia ha modo di instaurare fecondi scambi culturali con pittori locali quali Bernardo Cavallino, Massimo Stanzione, Francesco Guarino. L'influsso della corrente naturalistica in voga all'epoca nella città partenopea si fa prepotentemente presente nelle opere del periodo (Giuditta e la fantesca, Betsabea al bagno, Nascita del Battista e Storie di San Gennaro). Tra il 1639 e il 1641 si reca in Inghilterra per assistere il padre anziano e malato, fino alla morte di questi, lavorando a più riprese per la corte e l'aristocrazia.
Dianora de Bardi In Oltrarno, precisamente in Santo Spirito, si narra una delle storie più romantiche della città, quella di Dianora de Bardi, figlia di una ricca famiglia benestante, e Ippolito Buontalenti. I due si innamorarono, ma vissero il loro amore in modo clandestino, per la rivalità delle famiglie. La leggenda parla di baci rubati, arrampicamenti notturni, finestre aperte, arresti e quant'altro, fino alle giuste nozze.
Lucrezia Busi Fu una giovane e bella monaca di cui s’innamorò perdutamente Filippo Lippi. Dopo averla fatta posare per una pala destinata al medesimo monastero, convince Lucrezia a fuggire dal convento portandola a vivere nella sua casa acquistata a Prato. Un anno dopo Lucrezia darà alla luce il primo figlio, Filippino e sarà solo per l’intercessione della famiglia Medici che papa Pio II concederà ai due nel 1461 lo scioglimento dei voti. Il Lippi non sposerà mai Lucrezia, ma ne farà la modella immortale e dolcissima dei suoi dipinti, dalla Salomè del ciclo di Prato alla Lippina degli Uffizi, che darà vita ad un vero e proprio genere copiato per secoli. Se la tormentata storia d’amore del Lippi darà scandalo senza precedenti tra i contemporanei, la grandezza della sua arte non sarà mai messa in dubbio, come testimonia l¹apprezzamento del Vasari: ³Fece in questo lavoro le figure maggiori del vivo dove introdusse poi agli altri artefici moderni il modo di dare grandezza alla maniera d’oggi. Fra tutti i committenti, Cosimo il Vecchio sarà il suo più grande estimatore, pronto a sopportare per amore dell'arte le intemperanze sentimentali del frate scapestrato. Narra sempre il Vasari (Vite, 1568) che un giorno Cosimo spazientito per i suoi continui ritardi, chiudesse il frate nel Palazzo di via Larga con l¹intento di fargli finire un lavoro. Ma dopo due giorni il Lippi spinto da furore amoroso, anzi bestiale, una sera con un paio di forbici fece alcune liste de’ lenzuoli del letto, e da una finestra calatosi, attese per molti giorni a' suoi piaceri.
Caterina de’ Medici (Firenze, 13 aprile 1519 – Castello di Blois, 5 gennaio 1589)
Quando Caterina De¹ Medici arrivo in Francia non fu accolta bene: non era bellissima e non aveva con sé una dote consistente. Ma aveva classe e portò in Francia il suo savoir vivre e una naturale propensione per il bello a cui Firenze ci ha abituato.
Caterina fece arrivare un esercito di cuochi dalla sua terra, e segnò l¹inizio della cucina francese. Portò l¹uso dei profumi personali, della biancheria, che per lei che amava andare a cavallo a lungo era un accessorio irrinunciabile. Con lei, lontana da Firenze, si cominciò a parlare di moda nella sua patria di adozione.