La nostra intervista a Roberto Bolle
Il grande étoile si racconta dagli esordi alla sua voglia di rendere pop la danza classica
È il ballerino italiano più famoso di tutti i tempi. Fisico statuario, tecnica eccezionale e una dedizione assoluta alla danza. Étoile del Teatro alla Scala dal 2004 e per 10 anni (2009 - 2019) Principal Dancer dell’American Ballet Theatre di New York, Roberto Bolle ha il merito di aver reso pop il balletto classico, avvicinando un pubblico trasversale e vastissimo con appuntamenti live come Roberto Bolle and friends e OnDance.
Cosa ha fatto scattare la sua passione per la danza?
È stata una passione istintiva, nata con i balletti davanti alla televisione, ma diventata subito totalizzante. Nessuno della mia famiglia era un amante della danza, anche se poi si sono tutti appassionati seguendo il mio percorso. Ero molto piccolo, avevo 5 anni la prima volta che ho detto a mia madre che volevo studiare danza, lei mi rispose che se non avessi cambiato idea l’anno successivo si sarebbe informata su dove mandarmi. A settembre iniziai a Vercelli, poi a 11 anni mia madre mi portò a fare il provino alla Scala di Milano. C’era una strada dritta davanti a me, in salita ma dritta e chiara.
Degli anni della sua formazione alla Scala, c’è un aneddoto che ricorda con piacere?
Mi ricordo il rapporto che avevo con il teatro che era diventato il mio rifugio. Non amavo molto la famiglia che mi aveva accolto a 12 anni quando dovetti lasciare la mia casa a Trino Vercellese. Per cui cercavo di stare il più possibile in teatro, mi nascondevo in luoghi appartati per poter vedere gli spettacoli di nascosto. Quella sensazione non l’ho mai dimenticata e a volte la sento ancora.
Cos’è per lei Milano?
Milano ormai è casa per me. Ci abito da quando avevo 11 anni. Ho un rapporto molto profondo con questa città che amo girare a piedi e scoprire ancora oggi. Sembra di sapere tutto di Milano, e invece basta cambiare un attimo tragitto che ti sorprende. E poi, è la città delle occasioni, delle opportunità. Lo è stato per me giovane appassionato di danza, lo è ancora oggi per migliaia di raagazzi in cerca di un trampolino per la loro carriera.
Come descriverebbe il pubblico del Teatro alla Scala?
Il pubblico della Scala è unico. Ci sono molto stranieri, ma anche molti abbonati e devo dire che negli ultimi anni si è molto aperto anche ai giovani. Rimane ancora un fenomeno aspirazionale: la gente vuole andare alla Scala almeno una volta nella vita. La verità, poi, è che una volta che ci vai ci vuoi tornare.
I luoghi del cuore di Roberto Bolle a Milano?
Mi piace girovagare per le vie del centro, la vecchia Milano quella dove le macchine non circolano e i taxi fanno fatica a entrare nelle vie strette. Mi piacciono molto i musei e le chiese. Mi danno pace. Ci vado spesso e mi fermo lì a far rimettere a posto i tasselli dei miei pensieri.
Quale, tra le sue qualità di ballerino, è stata fondamentale?
Un ballerino professionista deve essere un mix di diversi elementi: la tecnica, l’interpretazione, requisiti fisici di base. A parte questi ultimi che te li regala la natura, tutto il resto lo devi conquistare se vuoi diventare un danzatore eccellente.
Il talento è innato, ma si può raggiungere l’eccellenza anche senza possederlo?
No, si può diventare dei buoni professionisti. Per l’eccellenza serve una formula magica di talento e impegno, e una buona base di doti fisiche innate.
Quali sono i ruoli che ha più amato?
I ruoli sono come le canzoni che ascolti nella vita, a ognuna è legato un ricordo e la ami per un motivo particolare. Romeo è un ruolo che ha segnato i passaggi epocali della mia carriera, Des Grieux un passaggio di maturazione espressiva. Bolero resta uno dei miei ruoli preferiti. Adesso sono molto attratto dai ruoli contemporanei che raccontano i tormenti dell’uomo di oggi con ritmi e movenze moderne.
Grazie a lei il balletto classico non è più solo apprezzato da un pubblico ristretto. Quali sono le iniziative, in questa direzione, a cui è più legato?
Beh, uno degli strumenti che più di tutti mi ha aiutato in questo mio obiettivo è sicuramente la televisione. Il programma Danza con me è diventato un appuntamento atteso da milioni di persone. E poi c’è OnDance il mio Festival che ha tenuto accesa la danza anche durante il lockdown e che ogni anno ci porta a danzare per le strade di Milano con eventi, spettacoli, workshop e openclass nelle quali chiunque può provare nuove discipline con insegnati di altissimo livello. Ora stiamo lavorando alla creazione di un database generale della danza a Milano, una guida importante che mancava per aiutare gli appassionati di ogni età a trovare il luogo giusto per la loro danza. Infine, c’è il Gala ‘Roberto Bolle and Friends’ che è il mio spettacolo che porto in scena da più di vent’anni, sempre uguale come formula, ma sempre diverso come cast e programma, con il quale ho portato la grande danza in giro per l’Italia e anche nel mondo. Uno strumento culturale potente e molto amato dal pubblico. Torneremo con il Gala a giugno al Teatro degli Arcimboldi, a Milano è sempre una festa ritornare.
Il piccolo schermo può essere ancora un potente veicolo di diffusione di bellezza e eleganza?
Assolutamente sì. L’operazione di Danza con me ha del miracoloso. Quest’anno dove il settore dei live fatica a tornare ai suoi ritmi, riportare Danza con me in televisione vuol dire tenere vivo il rapporto con il pubblico, allargarlo, mantenere viva l’attenzione sul mondo delle arti che sono tra quelle che più di tutti stanno pagando questo periodo di paure, incertezze, crisi.
Le scorse edizioni hanno avuto un grande successo e ospiti di rilievo, quali sorprese ci riserva la prossima edizione di Danza con me?
È un’edizione di grande bellezza per i pezzi della danza che sono tanti ed eterogenei. Riavremo con noi per esempio danzatrici magnifiche come Svetlana Zakharova, Melissa Hamilton e Marianela Nuñez. Avremo bellissimi personaggi dal cinema, dalla musica, dal teatro e anche dalla stessa televisione. La conduzione è affidata alla splendida Serena Rossi e a Lillo che ci fa molto ridere e che mi ha rivelato delle doti di ballerino inaspettate.