La nostra intervista a Renzo Guidi, celebre "diciassettesimo uomo" di Luna Rossa
Il primo vincitore della Coppa America
Pubblichiamo un'intervista del 2007 firmata da Guido Parigi Bini dedicata ai uno degli uomini che hanno fatto la storia di Luna Rossa, Renzo Guidi, il più celebre “diciassettesimo” che mai abbia avuto la Coppa America.
“Ti ci inchiodo, laggiù, in fondo al pozzetto di Luna Rossa”, gli intimò Patrizio Bertelli. Cominciò così, quasi per scherzo e molto per scaramanzia, l’avventura di Renzo Guidi in Coppa America. A settantantacinque anni, quando è ora di pensione, sarebbe diventato il più famoso “diciassettesimo” che mai abbia avuto la Coppa America. Su una barca di Coppa il diciassettesimo è il posto riservato all’armatore, o a un suo ospite.
Ma mentre gli altri a bordo lavorano, sudano, imprecano, vincono e perdono, lui deve stare silenzioso, quasi immobile a poppa, come in una campana di vetro. Gli è consentito soltanto vedere: non può parlare, suggerire, imprecare e gioire con gli altri compagni. Un idolo impotente. Deve tenersi tutto dentro. E qualche volta più che un privilegio, può diventare una sofferenza.
Renzo Guidi, albergatore di Castiglione della Pescaia, che in questi giorni ha compiuto allegramente le ottanta primavere e che ogni mattina fa dieci minuti di stretching dopo aver aperto le finestre della sua camera che si affaccia sul mar Tirreno con Montecristo, il Giglio e l’Elba sullo sfondo, ricorda sorridendo come andò che Bertelli lo “inchiodò” sulla poppa di Luna Rossa.
“Un giorno, era appena iniziata la prima esperienza in Coppa, mi telefona e mi dice: ‘Devo fare un salto ad Auckland per sistemare la base dei ragazzi. Vieni con me? Si va e si torna’. Metto in valigia poche cose, e dopo 30 ore di volo siamo in Nuova Zelanda. La mattina dopo mi butta dal letto: ‘Organizzano una serie di regate con le barche da allenamento – dice Patrizio -, ci sono tutti i team, vai a bordo te. Io vengo a vedere col gommone, voglio capire il mare, il campo di regata, come gli altri lavorano a bordo”.
“Mi prestano una muta da mare – ricorda Renzo Guidi -, una bella regata, tirata. Vinciamo. La mattina dopo Bertelli va a bordo a fare l’armatore, e perdono. Il giorno dopo tocca di nuovo a me, e vinciamo. Patrizio ritenta per due giorni, e perdono. Risalgo io, e non si finisce di vincere. E’ andata così che mi sono ritrovato per 45 volte di seguito sulla poppa di Luna Rossa, fino alla vittoria nella Vuitton Cup, fino alla sfida finale in Coppa America con i neozelandesi”.
Ma cosa lega da più di trent’anni Renzo Guidi, più marinaio vero che operatore alberghiero, a Patrizio Bertelli, più grande imprenditore che marinaio?
“E’ un’amicizia che nasce agli inizi degli anni ’70. Patrizio Bertelli aveva 25 anni e l’ambizione di fare le regate. E ovviamente di vincere. Così capitò a Castiglione della Pescaia dove un abile “inventore” di barche da regata si era fatto una certa fama: Vasco Donnini. Comprava scafi nudi dal Bulleri a Fiumicino, poi nel suo cantierino li segava, allungava, plasmava e armava a modo suo, e uscivano barche vincenti. La serie “Tuscany”. Barche di poco più di nove metri. Bertelli ne comprò una, e chiese a Donnini di trovargli qualcuno che facesse equipaggio con lui”. Così comparve Renzo Guidi all’orizzonte di Patrizio Bertelli. Diventeranno inseparabili compagni di mare.
“Andammo a fare i campionati italiani dei sesta classe a Livorno – ricorda Guidi -. A me le regate non sono mai interessate. Mi piace andare per mare senza una meta precisa, sentirne i respiri, gli odori, rispettandolo e temendolo, essere un tutt’uno con la barca. Andai a Livorno più per cortesia che per la frenesia del campionato. Ma in quei giorni imparai a conoscere e apprezzare Patrizio, non solo come amico ma anche come marinaio. Non era un fanatico, l’uomo facoltoso che spendeva per il piacere di vincere. Amava anche lui il mare, in più aveva una grande dote: era un organizzatore formidabile. Prevedeva tutto, a bordo tutto doveva essere perfetto. Anche su una barca di nove metri. Permetteva all’equipaggio di concentrasi completamente sulla regata. E ovviamente si vinceva”.
Vent’anni dopo, quando ancora era negli occhi di tutti l’avventura del “Moro di Venezia” di Raul Gardini (era stata la prima volta che la coppa America approdava sugli schermi televisivi), Bertelli comprò un vecchio 12 metri americano e si mise a fare le regate in Francia, organizzate per i facoltosi nostalgici della Coppa America.
“Un giorno, ai primi di marzo del ’97, Patrizio mi telefona – ricorda Renzo Guidi – e mi dice: ‘sai, German Frers sostiene che sono l’unico italiano a poter fare la Coppa America, quella vera. E’ il miglior architetto navale, mi ha convinto, si va in Nuova Zelanda’. ‘Bene - gli rispondo - così ti vedo in televisione’. ‘Macché - mi risponde Bertelli -. Vieni anche te. Se vuoi, guarderai le regate dalla tv dell’Ulisse (la barca da crociera del patron di Prada)’. A Aucklan ci sono rimasto sei mesi filati, ma non davanti al televisore”.
Sei mesi nel team Prada, 45 volte in regata come diciassettesimo…
“Il 6 febbraio 2000 Luna Rossa vince la Vuitton Cup – ricorda Renzo Guidi –, il 2 marzo comincia la sfida di Coppa America contro i neozelandesi, De Angelis e tutti i ragazzi si battono alla grande ma loro sono più forti e hanno il grande vantaggio di regatare nel mare di casa”.
“Le prime volte era gioia e l’orgoglio di esserci – dice Renzo Guidi –. L’ospite, il diciassettesimo, sale a bordo per un giorno, s’immerge in un mondo incredibile e si diverte. Qualche barca fa pagare questo privilegio anche mille dollari a botta. Ma se sei l’ospite di tutti i giorni alla fine hai la consapevolezza di essere inutile. Non sei dell’equipaggio: se noti un errore non puoi gridare, cercare di correggerlo, magari vedi gli altri fare un bordo migliore, superarti. Devi star lì, rannicchiato, silenzioso, senza poter far nulla. E’ stressante. E poi il ritorno a terra, spessissimo da vincitore. Vincitori i compagni, non io. Eppure dovevo far finta di essere contento, fiero come se avessi spaccato il mondo. Bertelli aveva fatto costruire un’enorme bandiera italiana, bellissima, ci arrivava incontro portata in volo da un elicottero. Che brividi, passare fra due ali di barche fitte di gente che applaudivano, le sirene delle navi che suonavano. Io, che meriti avevo per essere attore di questa festa”?
“Due anni dopo si ricomincia – così Renzo Guidi ricorda la seconda sfida di Coppa in Nuova Zelanda -. Patrizio Bertelli in quell’occasione fu davvero grande. Si accorse subito che la nuova barca non era vincente. Non perse tempo: licenziò Doug Peterson, il progettista, e non esitò a modificare la barca. Luna Rossa ebbe una nuova prua, una nuova chiglia, profonde modifiche. I progressi furono evidenti, ma non sufficienti a contrastare Alinghi e gli svizzeri di Bertarelli”.