Il Teatro della Pergola
Storia, leggende e segreti: da Mozart al telefono di Antonio Meucci, dai fantasmi al Museo
Un teatro come nessun altro mai prima c’era stato: questo volevano fare gli Accademici Immobili, un gruppo di nobili dediti al coltivare delle arti e patrocinati cardinale Giovan Carlo de’ Medici fratello del Granduca, quando rilevarono l’area ove sorgeva un tiratoio dismesso dell’Arte della Lana.
Primo teatro all’Italiana
Su progetto di Ferdinando Tacca, nacque una sala unica, aperta nel 1657, nella quale trovavano posto per la prima volta i palchi, caratteristica peculiare del teatro all’italiana che nasce proprio con la Pergola: piccoli spazi separati che permettevano ad ogni famiglia di ammirare lo spettacolo da una posizione privilegiata. Ma l’evento che inaugurò ufficialmente il Teatro fu in occasione del matrimonio tra Cosimo III de’ Medici e Margherita Luisa principessa d’Orleans. Un grande spettacolo costato all’Accademia degli Immobili la somma di 122.500 lire, l’Ercole in Tebe (testo del Moniglia e musiche di Jacopo Melani) andato in scena l’8 luglio 1661.
Inizialmente riservato alla corte, il teatro fu aperto a partire dal 1718 al pubblico pagante. Rappresentava già allora le opere di compositori grandissimi, come Antonio Vivaldi. Ben presto diviene una “Città del Teatro” che riunisce in sé tutti i mestieri e le competenze dell’arte scenica.
Il Settecento
Qui si esibì il celebre sopranista Carlo Boschi noto come Farinelli fu il più famoso dei castrati del Settecento, nell’estate del 1728 in Arianna e Teseo di Niccolò Antonio Porpora, interpretando Alceste. Dopo le presenze di Hasse, Haendel, Paisiello, Cimarosa e Gluck (amico di Pietro Leopoldo gli dedicò l’Alceste che andò in scena alla Pergola nel Carnevale del 1786), nel 1788 fu rappresentata la prima nazionale delle Nozze di Figaro di Mozart, ma pare che Pietro Leopoldo si fosse dimostrato abbastanza distratto non incoraggiando l’amico Wolfgang a ulteriori impegni cittadini.
L’Ottocento e l’antenato del telefono di Meucci
Nel 1801 al primo piano si aprì il Saloncino, grande ambiente con stucchi dedicato alla musica e alla danza, ancora oggi la seconda sala del teatro: è il preludio a uno dei periodi più fecondi della storia della Pergola, quello segnato tra il 1823 e il 1855 dalla gestione dell’impresario Alessandro Lanari che porta a Firenze i più importanti compositori, a cominciare da Bellini; Giuseppe Verdi fa debuttare nel 1847 il suo Macbeth. Nel 1826 Martellini dipinge il sipario storico raffigurante l’incoronazione di Petrarca in Campidoglio, tuttora usato nelle occasioni di gala; il macchinista Canovetti costruisce l’affascinante macchina per il sollevamento della platea, usata nelle feste da ballo per creare un piano unico col palcoscenico; e un giovane apprendista di palcoscenico, Antonio Meucci, sperimenta un sistema di comunicazione a voce tra la graticcia e la superficie del palcoscenico: è l’antenato del telefono, che Meucci perfezionerà poi, ingegnosamente ma senza fortuna, una volta emigrato negli Stati Uniti. Il teatro è rischiarato dai lumi a gas, e Firenze è capitale d’Italia.
Un nuovo corso
Quando, nel 1898, arriverà la luce elettrica, getterà i propri raggi su un teatro non più così splendente. Al melodramma, emigrato verso i più grandi Politeama e Pagliano, si è sostituita la prosa; alla gestione degli Immobili quella di una società privata che dal 1913 al 1929 si occupa della programmazione della Sala. In questo periodo il loggione è sostituito dalla galleria. Nel 1925 lo Stato dichiara la Pergola monumento nazionale. Incombe la guerra, e gli Immobili decidono di cedere la proprietà proprio allo Stato, che lo annette al neonato Ente Teatrale Italiano. Il palcoscenico continua a ospitare la prosa, non disdegnando la rivista e lo spettacolo leggero. Con la direzione di Alfonso Spadoni dagli anni Sessanta del Nocevento la Pergola trova una nuova vita e diviene il tempio della grande prosa. Nasce la Pergola di oggi, un luogo che come pochi altri riesce a coniugare storia, tradizione e innovazione nel nome del Teatro.
Il Museo della Pergola
La “Città del Teatro”, il sistema di spazi che soprattutto nell’Ottocento era luogo di lavoro e residenza per le maestranze della Pergola impegnate nella realizzazione delle opere liriche, cadde progressivamente in disuso per l’irrompere del teatro di prosa come genere principale. Rimasero vuoti una serie di spazi affascinanti, come la strada coperta di collegamento tra via della Pergola e Borgo Pinti, il Pozzo, gli spogliatoi dei macchinisti, le stanze delle comparse, gli Appartamenti. Fu di Alfonso Spadoni la prima idea di un Museo del Teatro, concretizzata nella raccolta di una serie di oggetti storici nel vano dove trova alloggia la macchina di sollevamento della platea. Dal 2006 che questa idea divenne un progetto concreto, grazie alla visita-spettacolo In sua movenza è fermo, che ancora oggi porta il pubblico in giro per il teatro con la guida di attori che ne raccontano la storia. Oggi il Museo della Pergola è un itinerario attraverso gli spazi della “Città del Teatro”: percorre il Vicolo della Carrozze, il passage dove si affacciavano le botteghe che producevano e vendevano accessori e servizi per il teatro, giunge al Pozzo scavato nel 1840, si inoltra nelle stanze che ospitano le vecchie macchine per gli effetti sonori e i dispositivi per l’illuminazione poi sale sul palcoscenico, dove Antonio Meucci lasciò il suo telefono acustico e Eleonora Duse il leggendario Primo Camerino, per scendere nella Sala della Macchina, a vedere l’imponente e unico dispositivo di sollevamento e lo sgabello originale dal quale Giuseppe Verdi diresse le prove del Macbeth. Un itinerario che racconta con i mezzi la storia della Pergola e quella delle arti della scena.
Fantasmi e misteri
Esiste un teatro senza fantasmi? La risposta è, ovviamente, no: la Pergola non fa eccezione a questa regola, popolata com’è di piccole leggende che si animano soprattutto la notte, o quando il teatro è vuoto. Capita allora di udire leggiadri passi di danza, muliebri risate e amoroso conversare: sono la Prima Ballerina e il Coreografo (i veri nomi sono coperti di pudica pietà), che trovarono una triste fine sul declinare del Settecento in uno dei camerini delle Sale da Ballo. Mentre si dedicavano a fatti amorosi, il monossido di carbonio di una stufa li uccise. E la luce che nei tardi pomeriggi d’estate illumina un palco di terzo ordine mentre il teatro è completamente buio? Quello è lo spirito di Casimiro degli Albizzi, Patrizio di Firenze, Provveditore dell’Accademia degli Immobili per dieci anni dal 1728. In età già avanzata dette prova di essere un organizzatore teatrale inventivo, bizzarro ma competente, nonché amante delle belle virtuose del canto, nel mantenere le quali era maestro. Non esitava per questioni di sottane a sfidare vittoriosamente uomini molto più giovani di lui. Morì indebitato ma felice, e per questo torna nella bella stagione a visitare il Teatro, in cerca del suo palco. Storie senza tempo, che la Pergola racconta con piacere ai suoi visitatori.