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baustelle

text Sabrina Bozzoni

21 Giugno 2023

Il ritorno dei Baustelle

Il frontman Francesco Bianconi ci racconta i nuovi progetti della band e il legame con Firenze e la Toscana

In un luminoso pomeriggio di fine maggio un filo tra Toscana e Lombardia racconta di musica e decadenza, di amore e paure, di luoghi del cuore e di incontri preziosi. Nasce così la nostra lunga chiacchierata con Francesco Bianconi che insieme a Rachele Bastreghi e Claudio Brasini, formano i Baustelle, una band iconica, originaria di Montepulciano, tra le più poetiche nel panorama musicale italiano. I loro temi, la loro scrittura e l’esplorazione di generi hanno da sempre fatto parte di un percorso oltre il musicale e oggi, con Elvis, nuovo lavoro in studio, il nono dopo una pausa di cinque anni, il ritmo è decisamente rock’n’roll.

L’amore, la guerra, la politica, la perdita, la violenza, la paura. In Elvis sembra esserci tutto. Da dove nasce questa esigenza di ‘denudare’ la vita e trasportarla in musica?

Deriva da molte cose, sicuramente da un periodo di chiusura dovuto all’emergenza Covid che non nego sia stato un momento di grande sofferenza. Da quel punto ho sentito il bisogno di uscire dalla mia stanza ricercando forme musicali più comunitarie, più condivise. La musica rock ci riporta proprio a questa idea: un ritmo da ballare, con cui divertirsi insieme, verso una direzione più selvaggia, urgente, liberatoria. Quando questo si unisce a un linguaggio nudo e sincero, tutto diventa molto personale e senza filtri.

Che cosa significa ‘tornare’?

Un evolversi vivo, un tornare agli esordi come band, suonando insieme come i gruppi di una volta. Ecco, se questo è il ritorno, non c’è niente di più bello.

Baustelle ©elena di vincenzo

Accompagnateci in quei luoghi toscani che parlano di voi e della vostra musica.

Parto inevitabilmente dalla Valdichiana, territorio che segna le nostre origini, io provengo da Abbadia di Montepulciano, Rachele da Acquaviva di Montepulciano e Claudio da Torrita di Siena.  Una Toscana di confine, una sorta di piccolo ‘nulla’ dove crescere rurale e spensierato, pescando rane di notte come un piccolo Tom Sawyer. Voglio molto bene anche alla Maremma, i miei hanno sempre avuto una casa a Castiglione della Pescaia e questi luoghi contengono ricordi indelebili.

Firenze invece la rivedo con i miei occhi da ragazzo: mi sembrava New York.

Ed è qui che ho visto uno dei miei primi concerti di formazione, i Ramones, all’Auditorium Flog. Non è stata per me il Rinascimento, gli Uffizi e piazza della Signoria, ma il primo luogo dove ho visto ‘avvenire’ la musica.

Montepulciano e Milano. Di che cosa non potreste mai fare a meno di una e dell’altra?

Di Milano amo il fatto di potermi nascondere, godere della possibilità di collegarmi con il resto del mondo riuscendo ad essere invisibile. Di Montepulciano mi piace che tutto sia più piccolo, lì se hai voglia di fare una chiacchierata che non riguardi il trend del momento, puoi.

Amore Indiano è il titolo dell’ultimo singolo cantato con Tommaso Paradiso. Come nasce questo incontro?

Ci siamo conosciuti nel 2015 su un treno Roma-Milano. Mi si avvicina questo ragazzo, presentandosi come mio fan e cantante dei The Giornalisti, un mix tra impacciato, emozionato e sfrontato. Due settimane dopo, ci siamo trovati per scrivere insieme. Nel frattempo, io sono diventato padre e lui un vero hit makers.

Poi ci siamo ritrovati, questa volta senza aspettare un interprete che cantasse i nostri brani, ci siamo buttati e alla fine è uscita l’hit estiva che avrei voglia di ascoltare in radio.

Baustelle ©elena di vincenzo

Il senso dello stile secondo i Baustelle.

Credo che nella musica sia tutta una questione di stile, credo fortemente che la musica di un’artista risuoni anche nell’immagine con cui si pone nei confronti del mondo. Non esiste nessuno che mi piaccia musicalmente che non abbia un’immagine. Dai già citati Ramones a Paolo Conte, da Gainsbourg ai Rolling Stones: qualsiasi cosa di cui mi appenderei il poster in camera ha un’immagine.

Una delle carenze della musica pop italiana degli ultimi anni penso risieda proprio qui: ci sono più stylist che stile. Tornando a noi, con Elvis è avvenuta una sorta di rifondazione estetica. Dovevamo tornare e ci serviva ribadire chi fossimo, con uno stacco al passato. Ci siamo appoggiati a un art director, Gian Luca Fracassi, che ha tolto, anziché aggiunto e ne siamo molto soddisfatti.

Vi troviamo live il 7 luglio ad Arezzo e l’8 luglio al Pistoia Blues. Cosa dobbiamo aspettarci?

Semplicemente concerti rock. Volevamo rompere lo schema del concerto impacchettato che suona come il disco. Ogni live è diverso dall’altro, cambiamo la scaletta e i modi di eseguire i brani. Una sincerità artigianale di fare musica.

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