Il rinascimento dell’alta sartoria
L’omaggio di Dolce&Gabbana a Firenze raccontato da Domenico dolce e Stefano gabbana
Per tre giorni Dolce&Gabbana ha regalato a Firenze un omaggio passionale alla sua identità storica e alla sua tradizione artigiana. Sono stati eventi fastosi che hanno riacceso i riflettori sulla bellezza e sulla mondanità fiorentina. Ma ciò che ha reso davvero speciale questo progetto – sostenuto da Pitti Immagine, Comune di Firenze e Fondazione CRFirenze - è il rapporto profondo che Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno intessuto con i 38 artigiani fiorentini che hanno collaborato alla realizzazione delle loro collezioni di Alta Gioielleria, Alta Sartoria e Alta Moda andate in scena a Firenze. Durante gli eventi e le presentazioni, che si sono susseguite all’Officina Profumo-Farmaceutica di Santa Maria Novella, nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, e alla Villa e Giardino Bardini, è bastato quel continuo chiamarli per nome, uno ad uno, per capire il lavoro che Domenico e Stefano hanno fatto nei loro atelier tra maggio e giugno.
Come è nata questa collaborazione?
Stefano Gabbana: Abbiamo deciso di passare qualche giorno a Firenze per scoprire e ricercare tutte quelle forme di artigianato da promuovere e mantenere in vita. L’Italia è un paese ricchissimo di eccellenze regionali e Firenze ci ha sempre affascinato per la sua cultura e storia oltre che per il suo infinito numero di botteghe artigiane.
Domenico Dolce: Volevamo vedere dal vivo gli artigiani, sentire l’atmosfera che si respira nelle loro botteghe e nei loro laboratori. Li abbiamo conosciuti uno per uno e abbiamo selezionato i lavori che meglio mostravano il saper fare italiano. Ma non solo: li abbiamo coinvolti totalmente nel processo creativo. Chi ha creato elementi degli abiti, chi ha lavorato le foglie oro, chi si è dedicato invece al cuoio e chi ha collaborato con noi nell’allestimento delle location con pezzi d’arredo provenienti dalle loro botteghe. Volevamo si respirasse l’artigianalità italiana in tutti i suoi aspetti.
Dunque, non vi siete limitati alle manifatture più vocate alla moda ma avete attinto anche da altri settori. Che impatto ha avuto sul vostro lavoro questa contaminazione?
DD&SG: Abbiamo sempre incentivato e amato la contaminazione delle arti, dalla pittura alla moda, dal design all’architettura. Per quest’occasione abbiamo scelto non solo artigiani che lavorano il pellame o il tessuto, ma anche ebanisti, maestri della scagliola, rilegatori, piumai, argentieri. Sono tutte professioni antiche, ancorate alla tradizione italiana, che trasmettono e tramandano il patrimonio culturale e manifatturiero del nostro Paese: sono delle vere e proprie forme d’arte che, con il nostro lavoro, cerchiamo di far conoscere e tramandare alle future generazioni.
Amate attingere dai territori con capsule collection, edizioni speciali o addirittura collezioni a tema. Cosa vi attrae di questo mondo così italiano fatto di diversità locali e genius loci?
DD: In Italia siamo immersi nella bellezza assoluta. Noi italiani non ce ne rendiamo conto, ma il cibo così come la nostra terra, l’arte e la cultura ci danno sempre bellezza. Spesso gli stranieri ci ricordano che una semplice passeggiata ci permette di ammirare palazzi dall’architettura meravigliosa, sia essa barocca o rinascimentale.
Qual è l’origine del vostro DNA sartoriale?
SG: Crediamo che senza passato e solide radici non ci possa essere futuro. Il nostro DNA è l’unione di molteplici elementi: l’armonia degli opposti, gli abiti, il sensuale tubino, il nero e l’uso del colore, il sacro e il profano, la stampa più eccentrica, la semplicità, il pizzo; siamo tutto questo. L’attenzione ai dettagli, alle forme e alle proporzioni sono tutti aspetti della nostra estetica e sono la trama di una storia che deve ancora continuare.
DD: Il DNA di Dolce&Gabbana è caratterizzato da tanti elementi diversi che non cambieranno mai. I contrasti, femminilità e mascolinità, sensualità e austerità, tessuti preziosi e semplici; è una combinazione di molte cose diverse: prima di tutto, la tradizione italiana unita alla nostra creatività e alle nostre idee.
Come funziona il cuore del vostro sistema, cioè un modello di alto artigianato e industria che cuce assieme tradizione e innovazione?
DD&SG: Il segreto risiede nel saper mantenere un costante equilibrio tra innovazione e tradizione e le nostre collezioni ne sono la dimostrazione. Abbiamo provato a raccontare il nostro mondo, il nostro DNA, i valori che ci rappresentano da sempre con uno sguardo rivolto al futuro. Siamo orgogliosi delle nostre radici, ma siamo coscienti della realtà in cui viviamo.
Il valore dell’artigianalità nel futuro della moda post-Covid19?
DD: L’artigianalità è un valore antico che vogliamo tramandare alle nuove generazioni affinché non vada perso. Un abito per essere ricordato, per significare qualcosa, deve trasmettere un sentimento, un ricordo, un modo di vivere. E per creare abiti così bisogna lavorare con il cuore e con il desiderio di far suscitare un’emozione nelle persone.
SG: Attraverso le nostre collezioni, non smetteremo mai di raccontare storie di amore, bellezza autentica e Made in Italy. Le cose belle devono essere preservate e mai come adesso abbiamo tutti bisogno di ripartire: come sempre, continueremo a puntare sull’Italia e sulle sue eccellenze.
L’invito di Domenico Dolce e Stefano Gabbana a visitare Firenze attraverso un itinerario dei luoghi che vi hanno colpito?
SG: Ci siamo innamorati della maestosità della Sala dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, dove abbiamo deciso di far sfilare la Collezione Alta Sartoria; della Farmacia di Santa Maria Novella, dove abbiamo esposto le creazioni di Alta Gioielleria, e di Villa Bardini con i suoi giardini e la meravigliosa scalinata sulla quale ha sfilato la Collezione Alta Moda. Per non parlare della Cantina Antinori a Bargino, che con la sua natura e il suo panorama unico ci ha stregati.