Il Marzocco, leone protettore di Firenze
La storia di uno dei simboli della città e dove vederlo
l leone incarna in tutte le tradizioni, le mitologie, le religioni, molteplici, e talvolta contrastanti, significati simbolici: dalla forza alla giustizia, dal dominio alla regalità. Per i primi cristiani il leone era la prefigurazione del Cristo, anche nel Medioevo la testa e la parte anteriore della fiera rappresentavano la natura divina di Cristo mentre la parte posteriore quella umana. Ma qualunque sia la sua visione simbolica, è fuor di dubbio che il leone è l’animale totemico di Firenze. Lo spirito guida dei fiorentini.
Nel XVI secolo, l’erudito fiorentino Giovan Battista Gelli raccontava che fu Ercole - considerato il vero fondatore della città di Firenze - a dare il nome al fiume che attraversa la pianura chiamandolo Arno, che in aramaico, sempre secondo il Gelli, doveva significare ‘Leone vittorioso’.
Fin dal Medioevo, il legame tra la fondazione della città e la figura del leone è tema ricorrente, complice il complesso passaggio da un protettore pagano - il dio Marte della Firenze Romana - al Battista, con la creazione della figura chimerica del Marzocco, leone araldico squisitamente fiorentino, sorto dalla interpretazione della ormai consunta statua del dio della guerra che doveva trovarsi nei pressi di Ponte Vecchio, la cosiddetta ‘pietra scema’, come immagine di un leone.
La Firenze medievale si riempirà letteralmente di leoni, ovverosia di Marzocchi: dalle porte della cinta muraria arnolfiana, ai pilastri della Loggia della Signoria. I leoni appaiono come stilofori nelle chiese, come caposcala nei palazzi, nelle insegne, come elemento araldico e decorativo sulle facciate.
Il Marzocco par excellence sarà quello posto dal Comune sull’Arengario del Palazzo dei Priori (Palazzo Vecchio, ndr.). Un leone in pietra, diverso da quello che vediamo oggi e che rimarrà, dalla prima metà del XIV secolo fino ai nostri tempi, a guardia del Palazzo e della Piazza, cambiando nel tempo materia, forma e posizioni. Per comprendere quanto fosse forte il legame tra i fiorentini e il Marzocco dell’Arengario è utile ricordare come, in occasioni solenni, venisse incoronato e che nella fascia della corona vi fosse incisa la scritta “Corona porto per la patria degna, a ciò che libertà ciascun mantenga”.
Non solo ai leoni di pietra era devota Firenze: il Comune manteneva a spese dello Stato gruppi di leoni in carne ed ossa dentro le mura della città. I finanziamenti statali destinati a queste belve erano consistenti sia dal punto di vista economico che simbolico, tanto da identificare le sorti della città con il benessere e la prolificità del branco di felini. In un primo tempo, verso la metà del Duecento, i leoni erano custoditi in una gabbia presso il Battistero, vicino al Corso degli Adimari (il tratto più vicino al Duomo della odierna via dei Calzaiuoli) e nella zona della Zecca Vecchia (tra la Loggia della Signoria e l’attuale fabbrica degli Uffizi). Da queste stie, per negligenza dei guardiani, i leoni uscirono in più occasioni creando scompiglio tra i fiorentini con episodi tra il faceto e il terribile, ma vennero sempre trattati con grande rispetto.
Nel 1353 i leoni furono trasferiti dietro al Palazzo dei Priori, nel cortile tra il Palazzo del Capitano del Popolo e dell’Esecutore di Giustizia. La sistemazione pare fosse confortevole per quegli animali, considerando che furono in grado di riprodursi e prosperare, creando una vivace colonia ulteriormente arricchita dai leoni donati alla città da tutti coloro che volevano ingraziarsi i fiorentini.
Nelle feste e nelle occasioni solenni si organizzavano cacce con i leoni protagonisti di combattimenti contro altri animali (tori soprattutto) in vari luoghi della città. Dietro al Palazzo dei Priori (Palazzo Vecchio, ndr) i leoni rimasero fino al 1550, quando Cosimo I de’ Medici, stanco delle molestie causate delle fiere, fece trasferire il Serraglio dei Leoni nella zona di San Marco, alla Sapienza, l’attuale rettorato dell’Università di Firenze.
Questa decisione portò a un progressivo disinteresse dei cittadini verso i tanto amati leoni e, anche da un punto di vista simbolico, il loro ruolo di difensori delle libertà cittadine andò scomparendo. Le cacce e i combattimenti continuarono ad essere organizzati nel Serraglio in San Marco ma erano destinati alla corte e ai nobili, non più al popolo. Tutto questo portò nel 1777 alla definitiva soppressione del Serraglio e la presenza dei leoni divenne un ricordo legato solo ai toponimi: la via dei Leoni dietro Palazzo Vecchio e la via dei Leoni tra San Marco e l’Annunziata, rinominata poi via della Sapienza e ora via Cesare Battisti. Maggior fortuna hanno avuto i leoni di pietra che tutt’ora sorvegliano e proteggono la città: immaginiamoceli benevoli e sonnacchiosi, ma con ancora uno spirito fiero e pronti - alla bisogna - a dar qualche zampata.