Il Futuro visto da Felice Limosani
I principali fenomeni che ridimensioneranno i consumi di domani visti e spiegati dal celebre Storyteller digitale
Una visione diversa del “pensare e dell’agire”. E’ ciò che l’incontro tra i fenomeni tecnologici e quelli sociali, economici e culturali sta imponendo anche in ambito “retail”. L’osmosi tra fisico e virtuale, il commercio elettronico, i nuovi comportamenti d’acquisto che alternano lo schermo alla realtà e le esperienze che prevalgono sui prodotti, richiedono concetti e significati progettuali mai visti prima. Un processo che andrà ad articolarsi ulteriormente con le nuove generazioni che oltre a sviluppare un forte senso etico, vivranno in un contesto fortemente hi-tech.
Saranno pervasi dall’intelligenza artificiale, dalla realtà virtuale e disporranno di piattaforme di disintermediazione come le blockchain, che riscriveranno le regole e il rapporto tra consumatori e produttori. Nell’era dell’accesso i negozi fisici muteranno per ruolo e funzione e saranno sempre più importanti. Quelli attuali sono in via di estinzione e per competere dovranno invertire l’esperienza d’acquisto in acquisto di esperienze. Oggi gli ambienti commerciali sono sempre più frequentati da visitatori, e basta. La redditività per metro quadrato viene erosa dalla rete, lasciando intravvedere anche nuove opportunità. Il web commerce è, in realtà, un dispencer di merci, servizi e informazioni. Il “retail d’autore” andrà a compensarne la carenza di fisicità, relazione ed emozione a partire dalle figure professionali.
Lo store manager assomiglierà sempre più a un regista o al curatore di una galleria, il visual merchandiser a un visual artist, il vetrinista a uno scenografo, i commessi a cultori e intenditori di prodotti da raccontare oltre che vendere. In futuro, molto probabilmente, si pagherà per accedere a spazi ibridi tra tecnologia e creatività, commercio ed esperienze, cultura e comunicazione, arte e artigianato, etica e ambiente, design e intrattenimento. Nuovi epicentri di linguaggi connessi, si influenzeranno per andare oltre il consumo… verso una metafora moderna della gesamtkunstwerk (opera d’arte totale), dove la contaminazione diventa un’opera d’arte totale che genera emozioni e punti di vista in modalità endless, dove qualsiasi commercio si fonde tra fisico e virtuale in chiave espressiva e meta-culturale.
Non più concept-store orientati a uno stile di vita, ma instant-store, resi unici dalla brevità degli allestimenti pensati come installazioni artistiche ricche di significato e dal velocissimo turn over di prodotti seriali ed edizioni limitate, alternati a quelli creati esclusivamente in loco da artisti artigiani. Vere destinazioni dove “esserci” diventerà parte della nostra identità o “esserci stati” uno status, riverberando sulle merci esposte un valore aggiunto che trascende prezzo e prodotto. L’offerta multidisciplinare andrà a sostituire la serialità espositiva commerciale, stimolando le persone a vivere una dimensione diversa. Il punto, quindi, non è solo quello di contrastare la concorrenza dell’ecommerce, ma di trasformare il commercio in una dimensione che arricchisca le persone oltre il consumo.
Spazi di interazione sociale, reale e virtuale, di cui il commercio sarà una conseguenza praticata in-store con prodotti disponibili a essere provati, toccati, vissuti oppure co/creati e personalizzati sul posto, ed essere acquistati online e recapitati il giorno dopo se non addirittura il giorno stesso. Simultaneamente saranno “narrati e messi in scena” in un flusso di post da taggare su Instagram, che attraverso la recente funzione checkout, consente di vedere, cliccare e acquistare iprodotti contenuti nell’immagine, velocemente e senza abbandonare la piattaforma.
Questa prospettiva richiederà un ripensamento dell’intera catena del valore e del rapporto con i clienti, propensi a condividere valori ed esperienze reali nei luoghi fisici, mentre dall’e-commerce otterranno massimo servizio, prezzi più convenienti e prodotti illimitati. Si tratta di uno scenario dove cultura, socialità, unicità, qualità, rilevanza, etica, sostenibilità, artisticità e creatività, saranno le leve di compensazione, a ricordarci che nel 1955 Mary Quant e Alexander Plunket Greene comprarono casa a King’s Road, dove al primo piano aprirono la boutique Bazaar che divenne luogo d’incontro per i giovani dell’epoca. Da lì in poi le ragazze adottarono quello stile e nacque la minigonna. Da quel momento per la moda e per milioni di donne, nulla fu come prima.