Il coronavirus è ancora un problema?
Abbiamo incontrato il direttore generale dell’Ospedale Spallanzani di Roma, la dottoressa Marta Branca. Alla luce dei trend positivi di questo periodo, ecco il suo punto di vista, ottimista ma cauto
Primo paese in Europa ad affrontare il coronavirus, l’Italia grazie al suo sistema sanitario nazionale tra i migliori nel mondo e a misure drastiche di distanziamento sociale imposte dal Governo prima di ogni altro paese occidentale, è stata un vero e proprio modello. In tre mesi siamo riusciti, con l’impegno di tutti, ad appiattire la curva dei contagi fin quasi a raggiungere, nel momento in cui stiamo scrivendo, quasi il grado zero.
Possiamo parlare di paese sicuro allora? Probabilmente sì, ma abbiamo preferito chiederlo Marta Branca, direttore generale dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, l’eccellenza italiana nella cura e nella ricerca delle malattie infettive, prima struttura a confrontarsi con il virus fin dai primi giorni di febbraio e primo istituto nel mondo a isolare il covid19.
L’Ospedale Spallanzani con la duplice vocazione alla assistenza e alla ricerca. In questo momento su quali ricerche si stanno concentrando i vostri sforzi maggiori per sconfiggere il Coronavirus?
I modelli di diffusione dell’epidemia, la caratterizzazione del virus, lo studio dell’interazione del virus con l’essere umano, lo studio della risposta immune nelle diverse fasi della malattia, la messa a punto e la valutazione di sistemi per diagnosticare il virus, la descrizione delle manifestazioni cliniche, la sperimentazione di farmaci. Tra gli studi più importanti quello dello sviluppo di sistemi di mini organi in vitro e l’individuazione di meccanismi molecolari dell’interazione tra il virus SARS-CoV-2 e l’organismo umano. Questo è uno degli approcci più promettenti, è quella definita network medicine: consente di individuare le distinzioni molecolari, che identificano o predicono come si evolverà la malattia in una persona o come risponderà a un trattamento la stessa persona.
Avete accolto e risolto il primo caso in Italia di Coronavirus riscontrato in due turisti Cinesi e siete stati tra i primi al mondo a isolare il nuovo virus. Quali sono stati i punti di forza del vostro intervento rispetto all’emergenza Covid19?
L’INMI è un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico specializzato nelle malattie infettive. Il nostro personale è perfettamente addestrato ad utilizzare protocolli, linee guida, procedure, dispositivi che consentono di assistere le persone con infezioni e quindi di evitare i contagi. Abbiamo una struttura con percorsi adeguati a mantenere in sicurezza operatori e pazienti; disponiamo di laboratori di diagnostica con elevata tecnologia e i nostri ricercatori sono professionisti di grande esperienza che sanno lavorare in gruppo e valorizzare le competenze di ciascuno. L’emergenza Covid non ci ha risparmiato in termini di impegno ma non ci ha colto impreparati.
La curva dei contagi si è ridotta nelle ultime settimane e la quota dei casi più gravi sta scendendo. Possiamo parlare di un andamento favorevole?
La recente diminuzione dei contagi e il trend positivo delle guarigioni ci lascia ben sperare e ci conforta. Ma questo risultato è in parte la conseguenza del lungo periodo di lockdown che ha impedito di fatto il contatto tra le persone. Nelle prossime settimane, se tutti rispetteranno le regole, riusciremo a mantenere bassa la curva dei contagi e a quel punto potremo parlare con maggiore cognizione di andamento favorevole.
Vorremmo poter dare un messaggio di speranza e ottimismo sul livello di sicurezza dell’Italia per i prossimi mesi. E’ possibile farlo in questa sede avvalendoci della vostra competenza scientifica?
E’ necessario e opportuno essere “cautamente ottimisti”. Dobbiamo guardare al futuro con atteggiamento positivo ma al contempo mantenere un equilibrio nella considerazione della situazione. Il nostro Paese sta dimostrando di essere responsabile, pur se tutti abbiamo vissuto un periodo faticoso. Ma l’emergenza non è conclusa, il virus non è ancora sconfitto, le misure di prevenzione vanno mantenute. Non dobbiamo cedere agli estremi: né allarmismo e paura ma neanche eccessivo entusiasmo pensando che ormai è tutto superato.
Sono tante le domande che tutti ci siamo fatti in questo periodo per cercare di evitare il contagio da coronavirus. Alcune riguardano abitudini quotidiane come l'igiene in casa e personale. Il veicolo può risiedere nelle polveri sottili come alcuni studi stanno cercando di indagare?
E’ vero sono tante le domande che ci siamo fatti e ci facciamo su come evitare il contagio, e ciò in quanto ormai sui social e su internet si legge qualunque cosa e talvolta si crea confusione. Circa le polveri sottili che sarebbero il veicolo del virus a noi non sembra che esistano evidenze scientifiche su tale tematica. I virus per vivere hanno bisogno di substrati viventi.
Quali accorgimenti fondamentali dobbiamo ancora tenere bene a mente e rispettare per contribuire in modo responsabile alla salvaguardia nostra e degli altri rispetto alla diffusione del virus?
Le misure minime precauzionali che ormai abbiamo imparato bene e che le Istituzioni sanitarie non si stancano di ripetere: lavarsi spesso le mani con acqua e sapone o soluzione idroalcolica, evitare di toccarsi occhi, naso e bocca con le mani se non si sono appena lavate, mantenere la distanza di almeno un metro o usare la mascherina, usare la cd “etichetta della tosse” (coprirsi con un fazzoletto se si deve starnutire o tossire o farlo nella piega del gomito), non recarsi al pronto soccorso se si hanno sintomi febbrili o comunque influenzali e contattare il medico di medicina generale, pediatra o numeri di guardia medica o regionali.
Qual è stato il suo primo pensiero quando le è stata comunicata la decisione del Presidente della Repubblica Mattarella di conferire il 2 giugno un riconoscimento al team di medici e ricercatori dello Spallanzani in prima linea contro il Covid19?
Una grande emozione e quasi incredulità. Per noi è stato un grande onore essere il luogo scelto dalla più alta carica del Paese per ringraziare tutto il personale delle strutture sanitarie d’Italia – e non solo la nostra – per lo straordinario impegno e spirito di abnegazione dimostrato durante il periodo dell’emergenza, in alcuni casi fino al sacrificio estremo.
Quando e come usciremo dalla pandemia da coronavirus?
Non appena avremo disponibile un vaccino, su cui la maggior parte dei Paesi del mondo sta lavorando. Ed in questa sfida l’Italia non è seconda a nessuno e sta mettendo in campo le migliori forze che sinergicamente stanno alacremente lavorando per raggiungere questo risultato.