Franco Marinoni, Direttore della Confcommercio di Firenze ci parla di una città che riapre
Il volto di una città che cambia e si rinnova attraverso un'inedita intervista
Franco Marinoni è Direttore della Confcommercio di Firenze da gennaio 2017.
Autore e responsabile del modello di sviluppo associativo che ha consentito importantissimi incrementi degli associati nelle realtà in cui è stato applicato, è Amministratore Delegato di Centro Fidi Terziario, la s.c.p.a. con capitale sociale di 26 milioni di euro che garantisce il credito per le aziende del commercio, del turismo e dei servizi.
Proprio a lui abbiamo rivolto alcune domande dedicate al futuro di una provincia ricco di eccellenze, che ha la forza per rialzarsi dopo un lungo lockdown.
Con questa settimana riaprono tutte le attività in città, comprese le palestre e le piscine. Vi siete spesi nelle ultime settimane proprio per questo obiettivo, come prendete questa notizia?
Abbiamo fatto di tutto, compresa una mobilitazione a livello regionale, perché venissero accelerati i tempi di riapertura per tutte le attività del terziario. Riaprire era una necessità, dopo oltre due mesi di chiusura e mancati incassi. Poi non si capiva perché avessero avuto il permesso di ripartire le grandi fabbriche con centinaia di operai e non fosse invece permesso ai piccoli negozi, che fanno entrare uno o due clienti alla volta, con tutte le garanzie di sicurezza. Certo, lo scenario che si presenta ora alle imprese è assai diverso da quello che hanno lasciato a marzo scorso. Ci sarà da fare i conti con la diminuzione dei consumi e con un’attività più ridotta, almeno nei primi tempi. Per questo, particolarmente critica è la situazione dei pubblici esercizi e in particolare della ristorazione, per la quale noi abbiamo sempre detto che più che il “quando” riaprire sarebbe contato il “come”. Il preavviso di sole 24 ore per la riapertura di lunedì 18 ha messo in difficoltà il mondo della ristorazione, che non era pronto. In particolare, bar e ristoranti più strutturati, quelli con decine di dipendenti e un’organizzazione del lavoro più complessa, non sono riusciti ad aprire in poche ore, per qualcuno servirà qualche giorno in più, settimane per altri e, purtroppo, qualcuno neppure riuscirà a riaprire. Ci sarà infatti da fare i conti con una diminuzione dei consumi soprattutto per le attività del centro storico, per intendersi quelle dedicate ai turisti, che non ci sono più e chissà per quanto tempo mancheranno ancora. Si tratta di aziende, che si reggono su delicatissimi equilibri economico-finanziari tra entrate e uscite: riaprire con gli stessi costi di prima e metà dei ricavi non sarà semplice. Per questo motivo, se vogliamo salvaguardare uno dei grandi patrimoni del nostro territorio, al pari dei monumenti e del paesaggio, bisognerà che qualcuno si faccia carico della sopravvivenza di attività che con i nuovi scenari difficilmente riusciranno a restare in piedi.
L’emergenza Covid-19, cambierà almeno per quest’anno, il volto della nostra Città. Quali sono le misure da prendere per cercare di arginare la mancanza di turismo straniero e quali opportunità da cogliere per fine 2020 e il 2021?
Intanto ci vuole un piano di rilancio e riposizionamento dell’immagine di Firenze sul mercato interno e su quello di prossimità, per iniziare. Fino a marzo il nostro problema era l’eccesso di turismo che consumava la città, adesso lo è il vuoto lasciato dai turisti. Forse è l’occasione per riscoprire una dimensione più vivibile prima di tutto per i residenti, percorsi alternativi di visita da proporre a chi già conosce le solite mete, maggiore uso della tecnologia e della realtà aumentata nei siti museali, proposte esclusive per un numero più ristretto di persone. Ecco, una soluzione potrebbe venire proprio dalla scelta di posizionarsi sull’eccellenza della nostra offerta, perché questo richiamerebbe un pubblico più selezionato e attento, rispettoso della nostra identità.
Le vie della moda sono da sempre il salotto buono di Firenze, da sempre rappresentano il meglio dei brand made in Florence e internazionali. Come ripartirà lo shopping fiorentino? Quali servizi offrirà ai propri clienti?
C’è grande voglia di puntare sulla qualità, di fare sempre più ricerca e selezione per offrire prodotti innovativi, all’insegna dell’artigianalità e dell’impatto zero. Se una cosa ci ha insegnato il lockdown, come consumatori, è di fare a meno della “paccottiglia”, di circondarsi invece di cose che gratificano se stessi e i propri cari nella ricerca di qualcosa che dia serenità. C’è voglia di “rifugio” e di bellezza, insomma. A questo effetto psicologico si può unire l’ansia per il futuro dell’economia, che potrebbe portare qualcuno non dico a spendere meno, ma di sicuro a spendere meglio, investendo il budget in prodotti più ricercati, più duraturi. Qualcosa per cui valga davvero la pena, insomma. Una strada da percorrere è poi la personalizzazione della vendita in ogni suo aspetto, dalla creazione del prodotto al momento della presentazione. Il cliente deve potersi sentire ancora di più al centro.
La ristorazione è una delle experience imperdibili per una visita in città ma sicuramente il settore che ha più vincoli per la riapertura. Quali sono i tempi e i modi per la riapertura? Che tipo di offerta vedremo in questi mesi?
Quello dei pubblici esercizi è uno dei settori che avrà bisogno di tempi più lunghi per ripartire, vuoi per la mancanza di turisti, vuoi per la paura del contagio – che spingerà molti a restare a casa magari consumando cibo acquistato nei ristoranti -, vuoi per il fatto che i protocolli da seguire sono arrivati in ritardo estremo e le imprese si stanno adeguando con fatica. Devono tutte ricalibrare standard operativi e strategie aziendali. Punteranno sulle prenotazioni obbligatorie, molte rafforzeranno i servizi di consegna a domicilio e il “take away” per venire incontro alle richieste sempre più numerose in questa direzione. Per la bella stagione, la chiave sarà poter contare su spazi gratuiti all’aperto, utili ad ampliare la capienza ora molto limitata dei locali alla luce delle regole sul distanziamento. Per i clienti sarà un modo per sentirsi più sicuri e per le nostre città un modo per mantenersi vive ed accoglienti. Lo stile di vita italiano, quello che ci ha reso famosi in tutto il mondo, è fatto di riti sociali che hanno come scenario ideale i pubblici esercizi: penso al caffè al bar, all’aperitivo, alla cena fuori. Per questo dobbiamo difendere queste imprese, ora messe così in crisi, esattamente come difendiamo i nostri capolavori d’arte. I turisti che vengono a Firenze oltre alla visita agli Uffizi vogliono assaggiare una bistecca o fare shopping. Ecco perché bar e ristoranti hanno un valore sociale e culturale oltre che economico.
La promozione, prima sul mercato nazionale e poi su quello internazionale, diventa uno strumento ancor più importante per rilanciare la nostra città. Quali strumento state attivando insieme alle istituzioni fiorentine?
Con Promozione Toscana stiamo lavorando per implementare la piattaforma visittuscany.com, dove gli operatori turistici hanno la possibilità caricare gratuitamente le nuove offerte per la stagione estiva 2020. Le offerte potranno quindi beneficiare del traffico generato dalla campagna di branding dedicata al pubblico nazionale. È un primo passo, ma dobbiamo pensare subito a nuove strategie per il mercato internazionale e in questo sarà prezioso l’assist dato dalle imprese della produzione di alta qualità, le punte d’eccellenza del nostro made in Italy.
L’emergenza Covid-19 ha messo di nuovo al centro del made in Italy la grande artigianalità del nostro paese di cui Firenze è sicuramente la capitale. Che ruolo può avere e quale opportunità per la nostra la nostra Città in questo nuovo ‘umanesimo’?
Qualche storico sostiene che senza la peste del Trecento, che decimò la popolazione europea, forse non ci sarebbe mai stato lo splendore del Rinascimento. In effetti, è emblematico come dalle crisi peggiori nasca l’opportunità di trovare nuove strade, migliori di quelle conosciute. Non è purtroppo un meccanismo indolore, ma per rinascere occorre saper morire. La nostra città ha rischiato più volte di finire schiacciata dal peso del suo glorioso passato. E se questa fosse l’occasione per dimostrare che le nostre radici servono, sì, ma anche per creare un futuro nuovo, magari inaspettato? Serve dare più fiducia ai giovani, ai nuovi talenti. Il rischio, altrimenti, è di vedere scomparire quel genio che ci ha reso un valore per il mondo intero.