Firenze Capitale
Ricorrono i 150 anni di Firenze Capitale, una storia per immagini ce la racconta
Firenze fu la capitale del compromesso di un’Italia neonata che voleva fortemente Roma come capitale per sfilarsi dal predominio sabaudo e rafforzare il sentire dell’unità nazionale. Ma Roma non era ancora Italia e le truppe francesi facevano buona guardia al potere temporale del Papa.
Quale miglior capitale (abbandonando Torino e in attesa di poter far diventare Roma italiana) se non Firenze, che significava Rinascimento artistico e culturale ma anche capacità di una forte libertà politica?
Il dado fu tratto nel 1864: e Firenze si apprestò a cambiare pelle per ospitare la sede del regno, il che voleva dire non solo una reggia (e Palazzo Pitti divenne casa dei Savoia) ma le sedi del governo (il parlamento si riuniva in Palazzo Vecchio), dei ministeri (furono stanziati 7 milioni, 555.885 lire e 59 centesimi per le spese di trasferimento), ambasciate, e tante nuove abitazioni per l’esercito dei funzionari e delle loro famiglie.
Firenze era giunta sostanzialmente intatta dal Cinquecento: circondata dalle mura, con la cupola del Duomo e gli altri edifici monumentali quali punti focali, in equilibrio fra le parti costruite e quelle a spiazzi, orti, giardini. Fu necessario predisporre uno strumento urbanistico per adeguare il tessuto urbano della città alle esigenze di una capitale. In cinque anni (i lavori continuarono fino al 1870) Firenze subì un cambiamento di ruolo e di funzioni repentino ed epocale.
Il nuovo assetto urbanistico fu affidato all’architetto fiorentino Giuseppe Poggi, noto per la sua qualità di saper coniugare uno stile neorinascimentale, consono alla storia cittadina, con le nuove mode e al tempo stesso capace di dare alla città un volto celebrativo, moderno e borghese, in linea con le evoluzioni europee di quegli anni.
Occorreva dare case e servizi agli impiegati degli uffici della capitale, dare maggiore dignità ad alcune zone degradate del centro, difendere la città dalle piene dell’Arno.
Certamente quello che cambiò il volto della città furono i viali di Circonvallazione, ispirati ai boulevard di Parigi.
Per realizzarli furono abbattute le mura che cingevano la città sulla riva destra dell’Arno. Il loro scopo non era soltanto estetico o per soddisfare le esigenze del traffico, ma rappresentavano lo snodo fra il tessuto urbano del centro e i nuovi quartieri che stavano sorgendo nella periferia.
Le porte furono risparmiate e create grandi piazze scenografiche (Piazza Beccaria, Piazza della Libertà) dalle quali partirono strade ampie e rettilinee che ospitarono le residenze della borghesia legata all’apparato statale. Nel piazzale Donatello fu isolato il Cimitero degli inglesi, circondato da cipressi in un insieme suggestivo.
L’altra grande intuizione del Poggi fu la realizzazione del viale dei Colli, forse il suo capolavoro, passeggiata panoramica che attraversa le colline che cingono il quartiere di Oltrarno e che ha il suo culmine nel piazzale Michelangelo, grandiosa terrazza-belvedere su Firenze. Lungo il viale s’incontrano ville e chalet e i giardini delle Rose e dell’Iris.
Il piano prevedeva anche la realizzazione di interi nuovi quartieri a ridosso dei viali, improntati a criteri moderni che non avevano agganci con la tradizione del modo di abitare cittadino, con tipologie abitative varie, dai villini a schiera di modeste dimensioni ai grandi blocchi di appartamenti da affittare, tutti improntati all’imitazione, seppure in scala ridotta, delle importanti residenze alto-borghesi ed aristocratiche.