Filippo Timi. La vita, l'amore e il teatro
Fino al 18 febbraio 2022 Filippo Timi al Teatro della Pergola nel suo nuovo spettacolo L'uomo invisibile
L’incontro con Filippo Timi è arrivato in una giornata particolare. Uno di quei timidi pomeriggi invernali, piovosi, dove una serie di strane avventure inducono a pensare all’inevitabilità degli eventi e al potere del destino. Difficile non farsi influenzare, soprattutto se dall’altra parte del telefono - voce alta, gentile e rassicurante - si cela la mente pensante di uno degli attori più versatili del nostro cinema che ha fatto delle proprie esperienze personali, dubbi e vittorie un tourbillon di successi che spaziano da pièce teatrali a romanzi, oltre ai numerosi set che l’hanno visto protagonista assoluto negli ultimi mesi.
Cambiamento, evoluzione, capacità di adattamento: la specie umana ne è la prova più grande. Lei crede nel destino o nel potere del singolo?
In entrambi. Credo che sia l’uomo a creare il proprio destino e che tutti gli uomini, facendolo, diano vita a qualcosa di un pochino più grande. Di un movimento. L’importante è tenere presente che ogni scelta, anche la più piccola, coinvolge anche gli altri.
Alcuni suoi spettacoli teatrali, e romanzi, sono molto personali. Autobiografia come scoperta di sé? Cura? Perdono?
Chiunque, quando fa uno spettacolo e incarna un ruolo, deve parlare di sé. Deve creare un connubio: è questa la base. Quando scrivo una drammaturgia, creo dei monologhi prendendo spunto dai miei attori. Ciò che metto in evidenza dipende dal ruolo.
E’ uno degli attori italiani che riesce a portare più persone a teatro. Lei come ha scoperto il palcoscenico?
E’ stato il mio primo amore, ho cominciato con il teatro. Per 15 anni ho fatto solo questo, ed è cominciato tutto per caso grazie agli spettacoli del gruppo parrocchiale in piazza. Ho scoperto che le stesse cose che facevo a casa, e per cui mia madre si arrabbiava, se fatte davanti ad un pubblico venivo applaudito. Ecco, ho scoperto quella che potrei definire la spettacolarizzazione di me stesso.
Quanti anni aveva?
Quindici. Erano gli spettacoli organizzati per le sagre di paese. A venti sono entrato in una compagnia a Firenze, anzi il primo corso serio l’ho seguito a Pontedera.
Quindi possiamo dire che è cominciato tutto in Toscana? Anche i suoi ultimi set, Come il vento di Marco Simon Puccioni e la serie Sky I Delitti del BarLume sono ambientati qui…
La Toscana è una regione fondamentale per il teatro: penso alla città di Prato legata ad autori che amo come Luca Ronconi e Carmelo Bene. Quella che ho vissuto io è una Toscana di periferia. Pontedera e Buti, con gli spettacoli di Dario Marconcini. Volterra, l’isola d’Elba e Grosseto…cosa dire? E’ bella. E il fascino di Firenze è inevitabile: si respira il Rinascimento. Ci passo spesso per teatro o per le presentazioni dei miei libri alla Feltrinelli: è una libreria con un’ottima programmazione.
Recitazione, doppiaggio, scrittura…sarà mica un workaholic?
Lavoro molto, mi piace.
Teatro e cinema: dove si sente più a casa?
Ovunque riesca a fare un buon lavoro.
Cosa sogna Filippo Timi e che valore dà all’inconscio?
Il valore più importante. Credo che la vera esistenza sia inconscia. Quello che viviamo coscientemente è solo la punta di un iceberg di un qualcosa molto più profondo e interessante.
Se le chiedessi il suo limite più grande?
Una perenne e disperata fame d’amore.
La sua personale definizione di amore.
Rispondo citando Céline: ‘l’amore non è altro che l’infinito abbassato al livello dei barboncini’.