Dove vanno a mangiare gli chef
Alcuni grandi chef di Firenze svelano i loro ristoranti del cuore in città
Nessuno ci pensa mai, ma anche i grandi chef hanno i loro posti del cuore quando vanno a mangiare fuori. La regina dell’alta cucina Annie Féolde, l’altra metà esplosiva di Enoteca Pinchiorri, il ristorante più prestigioso di Firenze e uno dei più autorevoli del mondo (il primo in Italia a ricevere le tre stelle Michelin) confessa che la sua passione a pranzo è il Cinque e cinque + 5 (cecina, focaccia e gamberi al lime) dell’Ora d’Aria. “Sarà la nostalgia per la socca e la fougasse di Nizza (equivalenti, rispettivamente, della cecina e della focaccia ndr.) che mi fa amare tanto questo piatto” racconta la Chef di origini nizzarde che con Giorgio Pinchiorri ha rivoluzionato il rapporto cibo-vino. Se le chiedi un consiglio per la cena la risposta è Il Palagio del Four Seasons Firenze: “Prendo sempre lo Chateaubriand di scottona bavarese con foie gras scottato e midollo gratinato. Vito lo fa alla perfezione, come tutto il resto”. Lei e Vito Mollica, l’executive chef del Four Seasons Firenze si conoscono da tempo: “Insieme, con Paolo Cipollini (direttore del balsonato hotel fiorentino), abbiamo fatto tante belle esperienze, come quella che si rinnova da tanti anni in periodo prenatalizio a favore degli anziani di Montedomini”. Perfetto, impeccabile ma con una scia di umanità che ingentilisce ogni suo gesto, Vito Mollica ci rivela che il suo ristorante preferito a Firenze è, indovinate un po’? L’Enoteca Pinchiorri. Badate bene, non è cortesia ricambiata perché non sa del giudizio della signora Féolde. Ma di questo tempio del gusto ci racconta una storia divertente: nonostante il suo dispettoso amico Riccardo Monco, primo chef dell’Enoteca e braccio destro di Annie, continui a dirgli che lì non ce l’ha mai visto (sghignazzando dietro le pentole), pare invece che per tre volte Vito si sia tuffato sui loro risotti (“ricordo in modo particolare i Risoni cotto a modo e il Risotto con le lumache”) affidandosi “come un novellino” alla scelta di Giorgio per i vini. A pranzo ci consiglia invece un locale aperto da pochi mesi accanto al Duomo, Regina Bistecca, dove Simone Arnetoli è riuscito a dare vita a un ristorante dedicato alla bistecca alla fiorentina dall’impronta elegante e ricercata. Il piatto da non perdere qui, per Mollica, è l’Hamburger Capolavoro.
Altra grande interprete della cucina toscana, e da qualche anno anche fiorentina, è Valeria Piccini. Insieme al marito Maurizio Menichetti, è titolare del bistellato Da Caino a Montemerano e sovrintende il ristorante Winter Garden by Caino del St. Regis Florence con l’executive chef Gentian Shehi. I tempi della Chef quando viene a Firenze sono compressi: “Per fare prima, spesso, all’ora di pranzo, mangio un panino col lampredotto dal Trippaio di San Frediano, vicino all’hotel. E sapete una cosa? Non mi ha fatto rimpiangere mai una volta un pranzo al ristorante”. E per cena? chiediamo alla chef che cerca di fare mente locale come per dire “ma dove lo trovo io il tempo per la cena?”., poi si illumina, una sera è andata alla Bottega del Buon Caffè: “Sì, da Antonello Sardi, chef bravissimo e giovane, sono tutti giovani lì dentro, adoro vedere squadre formate da poco più che ragazzi che viaggiano in modo così perfetto… Cosa ho mangiato? Tutti sanno che sono un’amante del piccione. Bene, quel piccione era sublime”.
Il trentino Peter Brunel creativo, tecnico e timido executive chef stellato dei ristoranti Lungarno Collection, Borgo San Jacopo in testa, condivide con Annie Feolde la preferenza per la cucina di Vito Mollica al Palagio, svelando che il suo piatto preferito è Lo spaghetto di Vito al bar… La vita in cucina di Peter è fatta di una spasmodica e quasi indemoniata ricerca. Se riesci a placcarlo la passione supera la timidezza e ti racconta così tante cose da scriverci un libro, ma adesso è di corsa e non c’è verso di cavargli nient’altro che questo… Se glielo chiederete voi, stanandolo in cucina, vi dirà il resto, sicuramente…
Ed eccoci a quel geniaccio di Marco Stabile. Anche lui sempre di corsa, inafferabile per tutti tranne che per la sua cucina e i ragazzi dell’Ora d’Aria a cui dedica anima e corpo. E’ finito per ultimo tra queste righe, non per classifica ma perché ci ha chiamati cinque minuti prima di andare in stampa . Ma il giovanotto recupera bene snocciolandoci ben tre indirizzi del cuore a pranzo “non tutti i colleghi sono aperti, dunque mi divido tra Bottega del Buon Caffè, Essenziale e i 13 Gobbi” e due a cena “quando posso, scappo per una esperienza all’Enoteca Pinchiorri, oppure alla Leggenda dei Frati, dal mio amico Filippo Saporito”. Ah, anche lui, Marco, è stellato e a buon diritto.
Firenze è anche questo, un colpo ai luoghi comuni sulle gelosie tra grandi chef e sulla sfrenata vanità dei cuochi contemporanei più inclini a comunicare che a cucinare… Forse, ma non qui.