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31 Maggio 2019

Di marmo e di bronzo

Le sculture di Pablo Atchugarry per Pietrasanta

Un’estate all’ombra di morbide luminosità verticali, fluide e primigenie nella loro sottile evocazione del femminile radicata nella forza densa del marmo e del bronzo. Un’estate, questa di Pietrasanta, sostenuta dalle potenti forme ideate e forgiate dall’uruguaiano Pablo Atchugarry secondo i dettami di due delle principali lavorazioni eseguite da botteghe e fonderie della città, ovvero marmo e bronzo.

La piazza del Duomo, con la sua chiesa dedicata a san Martino dal chiaro rigore romanico, e il complesso di sant’Agostino accolgono una trentina di opere fortemente materiche che l’artista ha realizzate negli ultimi quindici anni, quasi un’antologia personale aperta fino al 29 settembre e organizzata dal vivace comune di Pietrasanta in collaborazione con la Galleria d’Arte Contini, la Fondazione Versiliana e Start.

Lo scultore, nato a Montevideo nel 1954 innamorato dell’Italia al punto di dividersi tra Lecco e Manantiales, dove dieci anni fa ha creata una Fondazione che porta il suo nome e che manda avanti con i figli (soprattutto con Pietro) con il dichiarato obiettivo di pensare uno spazio d’incontro aperto a tutte le discipline dell’arte - presenta in Versilia, per la precisione a Marina di Pietrasanta, l’opera Search of the Future, una flessuosa e longilinea struttura in acciaio che assorbe la luce del sole e rifrange i toni del blu e dell’azzurro del mare e del cielo, illuminando il paesaggio che la circonda. Nella piazza del Duomo di Pietrasanta, invece, tra le cinque solenni sculture si staglia la maestà diversa di Naturaleza e quella di Preserve the Dream, bianche entrambe di marmo splendente di Carrara riescono a restituire il fluido dinamismo degli elementi naturali, che ispirano strutture di ascendenza classica capaci di svilupparsi in forme astratte e completamente inedite e contemporanee.

L’armonia dell’estetica che caratterizza le linee dell’artista uruguaiano si rivela qui capace di schiudersi in strutture incredibilmente ascensionali, morbidamente declinate nei cromatismi delicati del marmo e traslucidi di maestria. Come accade nello spazio di sant’Agostino ormai votato al contemporaneo, e sovente all’astratto, e che dal sagrato all’altare presenta sculture in marmo policromo (come la patina rossa della bronzea Fiore si accosta al bianco candido e brillante di Destine), mentre le opere che paiono celarsi nella Sala dei Putti e in quella del Capitolo rivelano un’audacia di grande forza e stile. Qui è il bronzo a farla da padrone, in piccole perfette sculture - scelte per meglio idealmente rispondere all’ambiente nel quale sono inserite - dipinte con luminosa vernice per automobili, decisa come il blu denso di El Abrazo e il nero sensuale di Elevation.

La carriera di Atchugarry, figlio di Pedro - pittore allievo di Torrés Garcia e di una discendente di migranti italiani arrivati da un paesino tra Piemonte e Liguria, comincia quando ha undici anni in una terra che della sua incontaminata bellezza ha fatta una bandiera; nel luglio del 2002 lo scultore viene premiato col “Michelangelo”, a Carrara; mentre nel 2003 partecipa alla 50ª Biennale di Venezia con l’opera Soñando la paz, installazione composta da otto sculture di grandi dimensioni in marmo di Carrara e marmo grigio Bardiglio della Garfagnana. Un importante riflessione sull’arte è a oggi quella della sua Fondazione che viene completata dal Parque Internacional de Esculturas Monumentales, un parco di sculture realizzate da artisti di diversi paesi, che fa convivere ogni arte con la scultura in uno scambio che diventa ponte tra le arti e gli artisti stessi. 

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