Curiosità, storie e aneddoti delle strade di Firenze
Misteri, segreti e leggende: scopriamole insieme
Non ridacchiano solo i ragazzini quando scoprono che un tempo, al posto degli Uffizi, c’era il rione della Baldracca. Così come molti restano perplessi in piazza della Passera. Mentre i più fanno i compassati nel Chiasso del Buco, zona Signoria, dove Leonardo fu denunciato per sodomia. Sono dei fatti di cronaca, delle curiosità legate a una locanda o a un’attività o a qualche famiglia celebre a dare i nomi alle vie. Così le varie via della Stufa (i bagni pubblici) e via delle Belle donne avevano quasi sempre anche un bordello e le relative vie delle Malmaritate, delle Serve Smarrite, delle Convertite o della Vergogna. Strade, chiassi, vicoli, canti: messi assieme sono la trama e l’ordito di Firenze. Girelliamoci un po’.
FAMIGLIE
È soprattutto nell’800 che si volle dare lustro alle casate. Così i Tornabuoni dovettero sì spostare la loggia, ma per l’eternità la via delle Belle Botteghe sarà a loro intitolata. In epoca granducale è qui che passano le parate che da Pitti e via Maggio (la via Maggiore) arrivavano al Duomo. La strada, risalendo il tracciato delle mura romane finisce in piazza degli Antinori, famiglia che ci vive e lavora dal ‘500. Tutt’altra origine ha invece via Bardi, un tempo Borgo Pitiglioso o pidocchioso. Era a ridosso dell’Arno che si accavallavano i borghi, le casupole dove i più poveri cercavano lavoro in città. Solo con la cerchia arnolfiana, infatti, l’Oltrarno potrà contare su una protezione muraria vera e propria. E sarà solo da quel momento che le grandi famiglie cominceranno a costruirvi i loro palazzi.
ARTI E MESTIERI
Coi palazzi, l’Oltrarno avrà anche i grandi laboratori. È in piazza del Tiratoio che nel XVII secolo Cosimo II riunirà tutti gli stabilimenti dove le pezze di lana colorate vengono stese ad asciugare. E sempre in San Frediamo troviamo via delle Caldaie dove i panni venivano scaldati per essere poi tinti. Mentre è verso Santa Croce, in Corso Tintori che dal ‘300 si concentrò la maggior parte dei laboratori dove si tingevano lane e sete. Un lavoro ingrato perché sempre a contatto col nauseante fetore dell’urina. Questa, ricca di ammoniaca, serviva infatti per il fissaggio delle tinte. Ed era così importante il suo buon esito che i Tintori ebbero un’Arte, un santo, Onofrio, ospedali, ricoveri e scuole. Ma la lavorazione delle pezze non poteva dirsi conclusa se non passava dalle mani dei rifinitori, le cui botteghe si concentravano intorno a piazza dei Cimatori, vicino a casa di Dante. E non lontano ecco il palazzo della potente Arte dellaLanache dà nome alla via dirimpetto a Orsanmichele, la chiesa delle Arti. Il palazzo si affaccia su via di Calimala, il cui nome è ancora discusso, Callus mais (grande) o Malus (cattiva) o ancora legata alla lana. Del resto, era qui anche la potente Arte dei Mercanti, modificata però dalle ristrutturazioni ottocentesche del Poggi. Così come ha perso buona parte del suo fascino via Pellicceria che corre lungo il loggiato della Repubblica. È qui che avevano sede e botteghe i Vaiai e Pellicciai, i Medici e Speziali, gli Oliandoli, i Materassai. Ha mantenuto invece tutto il suo antico fascino Borgo Tegolaio,verso via del Campuccio, dov’erano le fornaci per fare tegoli e mattoni.
FATTI, MISFATTI E CURIOSITÀ
Piazza della Passera, in zona Pitti, fa pensare a un bordello, che effettivamente c’era e pare frequentato pure da Cosimo I, ma c’è chi la lega alla peste del 1348. Sembra infatti che a causa di una passera malata, raccolta e inutilmente curata da dei ragazzini sarebbe partito il gran contagio. Ipotesi plausibile, anche se l’attività della prostituzione a Firenze non solo era tollerata, regolamentata e utile a istruire i giovani che così potevano evitare di praticare sesso tra di loro. Così s’incontra via dell’Amorino, zona Mercato centrale dove Boccaccio ambientò una delle sue novelle più pepate, ispiratrice anche della Mandragola di Machiavelli. Ma non tutte le vie provocavano ilarità. In via dei Malcontenti, dietro Santa Croce, ci passavano i condannati a morte che dal Bargello o dalle Stinche venivano condotti al patibolo al Prato della Giustizia in zona ponte San Niccolò, non prima di aver ricevuto gli ultimi sacramenti nella chiesetta al Tempio(di origine templare). E non è da meno via del Traditore, oggi inglobata in palazzo Medici Riccardi dove Lorenzino dei Medici uccise nel 1537 il cugino Alessandro primo duca di Firenze. Così il vicolo dello Scandalo, o del Panìco, aperto su via del Corso per separare le case dei Cerchi (Bianchi) da quelle dei Donati (Neri) e impedire così incursioni notturne tra i due gran rivali. A Firenze poi chiamare qualcuno bischero vuol dire dargli di credulone, di ingenuo. In realtà era un’importante famiglia che si rifiutò di vendere la proprietà, pur dietro lauto compenso, alla fabbrica del Duomo che doveva completare la chiesa. Ci pensò un incendio che lasciò loro solo cenere. Da qui il Canto ai Bischeri tra il Duomo e via dell’Oriuolo e l’ironico significato. E fu quella Madonna di Cimabue che troneggiava in San Pier Scheraggio a dare il nome a via della Ninna, tra gli Uffizi e Palazzo Vecchio. La Vergine sembrava infatti cantare la ninna nanna al Bambinello. Così come segue la curvatura dell’anfiteatro romano via Torta, in Santa Croce. Strada che ha mantiene intatta la sua aura medievale.