Michelangelo. Tutto quello che dovete sapere su Casa Buonarroti
Con Cristina Acidini, alla riscoperta di un luogo autentico
Una visita esclusiva a Casa Buonarroti con Cristina Acidini, Presidente della Fondazione omonima, e mentore di straordinaria sensibilità. Con lei abbiamo imparato a conoscere questo luogo non giustamente valorizzato nell’ambito dei percorsi turistici, ma profondamente legato alla Firenze del Rinascimento e di grande autenticità e valore storico.
Ci racconta brevemente le vicende di questo edificio legato a Michelangelo?
Il palazzetto attuale in via Ghibellina è il risultato di una costante campagna di accrescimento delle costruzioni esistenti all’inizio del XVI secolo, quando Michelangelo e la famiglia comprarono le prime tre piccole case. L’artista vi abitò per alcuni periodi, prima di partire definitivamente per Roma nel 1534. La trasformazione in dimora di stampo nobiliare avvenne con il pronipote Michelangelo il Giovane, a partire dal 1612.
Un suo itinerario all’interno del Museo: i pezzi da non perdere
La Casa Buonarroti ospita testimonianze autentiche di Michelangelo e dei suoi discendenti: Al Museo appartengono interi volumi di lettere del carteggio di Michelangelo e duecento disegni autografi di figura e di architettura. I preziosi materiali cartacei sono in deposito e ne escono per iniziative a carattere temporaneo, come la mostra visitabile fino a marzo sul rapporto di Michelangelo con i Medici. Nel museo, sono opere fondamentali i due rilievi in marmo, la Madonna della Scala e la Battaglia dei Centauri e Lapiti, risalenti al periodo più felice dell’adolescenza di Michelangelo, quando, fra il 1490 e il 1492 circa, frequentava il Giardino dei Medici a San Marco e Lorenzo il Magnifico lo ospitava nel palazzo di famiglia. Ma sono di straordinario interesse anche i modellini in creta di gruppi o figure destinati ad essere poi scolpiti in marmo, anche se questo poi non avvenne, come nei casi di Sansone che abbatte i Filistei e del Dio fluviale destinato alla cappella funeraria dei Medici o Sagrestia Nuova in San Lorenzo.
Noli me tangere: un progetto di Michelangelo diventato dipinto grazie a Pontormo. Un quadro ma anche una vicenda di grande fascino…
Il soggetto, che mette in grande evidenza la Maddalena mentre si accosta a Gesù risorto per toccarlo, valorizza la componente femminile dell’episodio evangelico: fu commissionato infatti dalla marchesa di Pescara Vittoria Colonna, sensibile studiosa dei ruoli di Maria e delle donne nelle Sacre Scritture. Michelangelo eseguì un cartone per il dipinto, nel 1531, e affidò poi la dipintura a Jacopo Pontormo. L’originale per la Colonna - che Michelangelo avrebbe conosciuto a Roma nel 1534, divenendo suo devoto amico - si trova in una collezione privata; la nostra tavola potrebbe essere la versione che Pontormo eseguì per Alessandro Vitelli, signore di Città di Castello, forse con l’aiuto del giovane Bronzino. Le figure sono grandiose e insieme agili ed eleganti: l’attitudine appassionata della Maddalena si rivela nel suo corpo proteso, nel gesto confidenziale e quasi supplichevole. Le vesti e il paesaggio hanno colori intensi e baluginanti, con i forti contrasti tipici del Pontormo.
L’opera che è più cara a Cristina Acidini?
Non posso non sprofondare ogni volta nell’ammirazione per la Battaglia dei Centauri e Lapiti, dove nel limitato spessore della lastra Michelangelo, ancora giovanissimo, affolla le figure dei combattenti, umani oppure cavalli per metà del corpo, in nodi inestricabili di membra che si contrappongono, s’incrociano, si sostengono. E’ un archivio d’idee al quale Michelangelo attingerà per anni: il giovane guerriero di profilo ha, nel suo piccolo, la prestanza e la fierezza del futuro David; il combattente accasciato, che per il dolore si tiene il capo colpito da una sassata, sarà ripreso nell’Adolescente dell’Ermitage, progettato (ma non finito) come figura dolente per la Sagrestia Nuova, e via dicendo. Ma trovo di grande fascino anche un’opera estrema del grande vecchio, che non lontano dalla morte (nel 1564, alla prodigiosa età di 89 anni) chiede gli attrezzi per scolpire il legno al nipote Leonardo Buonarroti. E inizia per lui un piccolo Crocifisso, che resta mancante delle braccia e della croce, ma che esprime appieno il pathos spirituale dell’artista, nelle sue ultime meditazioni sulla salvezza dell’anima attraverso l’amore di Cristo.
Casa Buonarroti è un luogo purtroppo ancora poco inserito nei percorsi main stream turistici e poco conosciuto dai fiorentini: perché visitarlo ?
Un primo e buon motivo è il nucleo delle opere d’arte autografe di Michelangelo, e poi di quelle derivate dalle sue invenzioni. Il solo modello in legno per la facciata di San Lorenzo, cui è dedicata un’intera stanza, val bene una visita: esso scaturisce dalle complesse relazioni tra Michelangelo e i Medici della generazione dopo Lorenzo il Magnifico, al centro delle quali vi fu lo straordinario impegno dell’artista per la chiesa “medicea”, San Lorenzo, complesso comprendente anche la Biblioteca Medicea Laurenziana da lui progettata. Sono argomenti profondamente fiorentini, ma appartengono alla storia universale dell’arte.