Basilica di Santa Maria Novella: storia e curiosità di una delle chiese più importanti di Firenze
Scopriamo insieme tutti i segreti della Basilica fiorentina
È stata la prima tra le grandi basiliche fiorentine a veder la luce, ed è l'unica in città che può vantare una facciata d'autore autenticamente rinascimentale. Santa Maria Novella fu anche scelta come sede per il primo concilio che nel 1439 cercò di riunificare la chiesa Ortodossa con quella Cattolica, e divenne il luogo preferito dai papi. Ma fu anche usata come laboratorio da Leonardo per i cartoni della sua sua Battaglia di Anghiari e subì numerose ristrutturazioni, l'ultima durante gli abbellimenti per Firenze Capitale.
Da umile chiesetta a fastosa basilica
Santa Maria Novella nasce dalle ceneri di Santa Maria tra le Vigne, un oratorio fuori città dove nei primi decenni del '200 s'insediarono i domenicani. Si racconta fosse stato san Domenico stesso a sceglierla, a ovest. Esattamente dalla parte opposta dove si erano insediati i seguaci di san Francesco. Rivalità a parte, l'arrivo degli ordini mendicanti (chiamati così perché i frati rinunciavano a ogni bene terreno) accompagnò la costruzione della società moderna, borghese e mercantile. Soprattutto cittadina.
E presto la chiesetta diventò una sorta di cittadella nella città. Immensa. Oggi se ne ha solo una pallida idea. Ma basti pensare che l'area si estendeva fin oltre la stazione. Nei secoli, dopo che furono garantite le indulgenze a quanti avessero sostenuto i conventi, si fece a gara per assicurarsi una tomba nei sepolcreti dei frati. Patrocinare una cappella divenne presto segno di grande prestigio. E la chiesa si trasformò in uno scrigno d'arte.
La rivoluzione dei Mendicanti
Furono dei grandi rivoluzionari, che per sconfiggere gli eretici e fare nuovi adepti usarono la propaganda inventando il Teatro Sacro e affrescando le chiese con le storie di Cristo e dei santi. Ma per mettere in scena la Passione o la Natività, da interpretare con le parole dei poveri servivano grandi spazi. Nascono così le piazze, fino ad allora impensabili, dove si recita e si predica.
Una basilica dalle mille sfaccettature e una facciata capolavoro
La chiesa venne costruita prima con orientamento Est-Ovest, come voleva la tradizione. E poi, visto che le prediche di Pietro da Verona, ex cataro, erano così seguite e affollate che il comune dette ai frati l'area verso l'Arno. Così, negli anni 1276-77 fu iniziata la costruzione della prima grande chiesa gotica cittadina con le sue volte a crociera, i suoi pilastroni possenti, le sue vetrate istoriate e i suoi affreschi. Ora era orientata quasi perfettamente Nord-Sud. E' per questo che sulla facciata realizzata poi da Leon Battista Alberti per i Rucellai nel 1470, campeggiano una sfera armillare, una meridiana e due fori voluti da Ignazio Danti frate domenicano incaricato da Cosimo I di realizzare il nuovo calendario. Un sistema di meridiane, all'interno, portate a termine solo recentemente, ma che consentono di calcolare solstizio d'inverno ed equinozio di primavera (sole permettendo ovviamente). L'Alberti, da grande architetto e urbanista qual era amalgamò così bene il gotico degli avelli (le tombe) con gli archi a tutto tondo rinascimentali, che solo un occhio attento riesce a vederne le differenze, e creò quella sorta di riccioli ai lati della navata maggiore per mascherare il dislivello con le navate laterali.
Gli antichi affreschi e le distruzioni della Controriforma
Delle decorazioni interne riusciamo a farcene un'idea guardando l'Annunciazione di Pietro Miniato in controfacciata. Pittore e miniatore che si dice avesse acquistato la bottega appartenuta a Giotto, senza tuttavia ereditarne anche la tecnica artistica. Infatti il suo dipinto è elegantemente gotico, ricco di decorazioni come voleva l'arte cortese. Fu recuperato durante i restauri di fine '800 come esempio del ciclo spazzato via da Giorgio Vasari incaricato da Cosimo I di riorganizzare le chiese conventuali, secondo i dettami del Concilio di Trento. Queste chiese avevano lo spazio dei frati distinto da quello dei laici e diviso da una parete, il tramezzo, che copriva l'altare. Inaccettabile dalla Controriforma e che porterà Cosimo I, certo di ottenere così il titolo di granduca dal papa, ad adeguarsi immediatamente. Via dunque i tramezzi, via anche tutte quelle vecchie decorazioni alle pareti. Verranno anche accorciate le finestre per far posto alle tavole rigorosamente rettangolari per enfatizzare al massimo scene di miracoli e di martiri. E così attraverso le grandi tavole ora di Naldini, ora di Vasari, Allori, Bugiardini o Santi di Tito si procede per gradi verso quel nuovo modo di concepire l'arte che voleva tornare alla Bibbia dei Poveri di Giotto e che avrà poi il suo massimo esponente proprio in Caravaggio.
Dal Medioevo al Rinascimento
Oggi, grazie a un accurato programma di restauro, si stanno recuperando anche gli affreschi nascosti sotto le tavole. Del resto la prima opera che fu ritrovata del tutto casualmente a fine '800, fu proprio la Trinità di Masaccio. Vasari in realtà la salvò coprendola con la sua Madonna del Rosario, oggi nella Cappella Bardi. Siamo nella metà degli anni '20 del '400 e Masaccio è il primo che recupera Giotto portando la terza dimensione in pittura. Non solo. Mette al centro dell'universo l'uomo e, avvalendosi di quella prospettiva scientifica, da poco scoperta dall'amico Brunelleschi, abbandona il sistema della sacralità gerarchica. Le scene sono veritiere, come le percepisce l'occhio umano. Così i committenti, per la prima volta ritratti in maniera realistica, appaiono più grandi della Madonna e di San Giovanni. Ma c'è ben altro. Loro stanno pregando davanti alla raffigurazione della Trinità (inserita dentro una cappella che sembra un'antica domus), mentre siamo chiamati dalla Madonna a partecipare all'evento, dove Dio sorregge, e al contempo già eleva, la Croce. Il Medio Evo cede così il passo al Rinascimento.
Di là dal coro, tra le cappelle gentilizie
Già chi poteva pagare una tomba non se la passava male, ma solo i più abbienti potevano sostenere i costi di una cappella privata, realizzate spesso per ripulirsi del peccato di usura. Ed eccoci in quella dei potenti Strozzi, ramo di Mantova perché lì andarono a fine '300. Nella cappella ci lavorano i fratelli Cione, più famosi come gli Orcagna e per la prima volta raccontano l'Inferno e il Paradiso dove entrano Tommaso Strozzi e la moglie e lo stesso Dante. Purtroppo gli affreschi sono rovinati, ma la Pala d'altare che abbozza a una prima grande Sacra Conversazione è perfetta con i suoi santi che emergono da un luminoso fondo oro. Giusto un'occhiata al Fonte battesimale di Giovanni della Robbia in Sacrestia per poi fermarsi davanti al Crocifisso di Brunelleschi nella Cappella Gondi. Vasari lo ricorda anche come il Crocifisso delle uova perché Donatello, invitato dall'amico a cena dopo un diverbio sul suo Crocifisso per Santa Croce, ritenuto da Brunelleschi troppo rozzo, al cospetto di tanta armonia allargò le braccia facendo cadere la cesta di uova che portava per la cena. Proporzioni perfette e figura efebica. In realtà Brunelleschi ben prima di Leonardo, si era ispirato all'uomo vitruviano.
Quando gli affari si facevano in chiesa
E finalmente eccoci nella Cappella Maggiore. Cappella dei Tornabuoni, potentissima famiglia imparentata coi Medici grazie alla madre di Lorenzo, Lucrezia, sorella di Giovanni patrono della cappella. Le storie di Maria e ovviamente del Battista decorano le pareti. Per allestire il luogo dove i mercanti ospitavano parenti e clienti, venne chiamato il maggior frescante del tempo: Domenico Ghirlandaio. Siamo nel 1488 circa in pieno Neoplatonismo. Ghirlandaio lo interpreta affrescando la cappella con scene di grande pacatezza e raffinata ricercatezza di particolari alla maniera Fiamminga. E' il benessere elargito da Lorenzo, considerato il nuovo Augusto. E benché si rispettino i vari passaggi delle storie di Mariadalla nascita fino alla morte, cosi come nella parete opposta si racconti la vita del Battista fino alla danza di Salomè si ha subito l'impressione che le scene sacre facciano solo da sfondo al racconto vero: la vita e i personaggi della Firenze di allora ritratti perfettamente. Dai rampolli dell'alta società al Ghirlandaio, alle belle quanto sfortunate Ludovica Tornabuoni e Giovanna degli Albizi ritratte di profilo e con abiti di broccato. Ma quando la cappella sarà terminata nel 1490 entrambe le cognate saranno già morte di parto. In compenso i Tornabuoni pubblicizzano stoffe e vestiti facendosi raffigurare agghindati di tutto punto.
E Michelangelo muoveva i primi passi
Ma c'è dell'altro. Un quindicenne Michelangelo assunto come apprendista da Ghirlndaio, realizzerà alcune figure sulla parete del Battista: i due uomini di spalle appoggiati al parapetto sullo sfondo nella Visitazione davanti Porta San Miniato e forse due nudi nel Battesimo. E' qui che impara l'arte del Buon Fresco. Ed ecco la Cappella Strozzi di Filippo Strozzi quello che costruirà il palazzo. L'artista scelto per le storie di San Filippo è Filippino Lippi. Siamo a fine '400 e in città governa Savonarola. Così l'antico è ora solo foriero di peccato e morte. Un drago dal respiro fetente ucciderà un giovane in adulazione a una statua di Marte trasformato in un satiro. Filippino anticipa qui il trompe l'oeil, decorando la cappella con finti marmi e colonne, e il Manierismo.
All'origine del Rinascimento
Prima di uscire nei chiostri dobbiamo però fermarci sotto la grande Croce che un giovane Giotto realizza verso la fine del '200 con naturalezza e veridicità: il ventre che cede alla gravità, il sangue che sgorga, il volto morente con le labbra socchiuse e le palpebre ingrossate dalla sofferenza. Anche l'incarnato sta virando a un verdastro mortifero. Quanta suggestione doveva emanare appeso al tramezzo, ora indicato dai due scalini.
Dal Cappellone degli Spagnoli a Paolo Uccello
Ed eccoci nel Chiostro Verde affrescato da Paolo Uccello con le storie della Genesi gravemente danneggiate dall'alluvione del 1966. Le opere si trovano nel museo dove si può capire come Uccello, amico di Brunelleschi, fosse così attratto dalla prospettiva. Ma prima del museo dove campeggiano le Ultime cene di Alessandro Allori e Plautilla Nelli, merita entrare nella Sala Capitolare o Cappellone degli Spagnoli riadattata per i parenti di Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I. Qui Andrea di Bonaiuto nella seconda metà del '300 ci lascia, oltre alla descrizione delle teorie di Tommaso d'Acquino, uno dei più bei fumetti dell'arte: la Chiesa Militante. Con i cani dalmata (i domenicani) che difendono le pecorelle (l'umanità) aggredite dai lupi (gli eretici). Mentre a una pletora di governanti e vescovi si affiancano i personaggi celebri di Firenze: Dante, Petrarca e Boccaccio. Qui Bonaiuto, che partecipa al primo concorso per la Cupola del Duomo ci lascia anche il suo progetto con la chiesa pensata da Arnolfo di Cambio.