Arte e Amore a Firenze
Tutte le opere e le storie che risveglieranno i vostri sensi
Il nostro percorso di arte, amore e sensualità inizia agli Uffizi: La Venere di Urbino (conservata nella sala 28 di Tiziano e Sebastiano del Piombo) è un dipinto a olio su tela di Tiziano, databile al 1538. La dea di Tiziano è un il primo invito all’amore: fissa in modo deciso l'osservatore, noncurante della sua nudità, con una posa ambigua, a metà strada tra il pudore e l'invito. La forte cesura della parete scura alle spalle della Venere, che si interrompe a metà del dipinto, crea una decisa linea di forza che indirizza lo sguardo della spettatore proprio verso l'inguine, per risalire poi lungo il ventre e il petto, fino allo sguardo.
Nelle sale 10-14 della Galleria troviamo due capolavori di Botticelli: la Primavera e la Nascita di Venere, una doppia ode all’amore e alla bellezza.
L’amore viene mitologicamente divinizzato si ritrova nella Madonna di Filippo Lippi, in cui l’artista ritrae la sua amata, (La Madonna col Bambino e angeli detta Lippina, sala 8 del Secondo piano della Galleria) e nel il ritratto di Lucrezia Pucci Panciatichi di Bronzino (sala 64 Primo Piano della Galleria ) grande amore di Cosimo I° che però non sposò anteponendole la ragione di stato.
Altra opera, altro amore segreto: Venere e Cupido di Alessandro Allori (Sala 80 Galleria degli Uffizi). Questo piccolo dipinto sembra essere stato commissionato da Francesco I a Alessandro Allori per celebrare il suo amore per Bianca Cappello, di cui è famoso il bellissimo Palazzo di Via Maggio. All’epoca Alessandro Allori lavorava per Alamanno Salviati, per il dipinto si rifece a opere del Ghirlandaio e del Bronzino. Dal Bronzino, l’Allori riprese la posa della dea, sensualmente adagiata su un prato, mentre dal cartone michelangiolesco trasse l’idea della schermaglia amorosa tra Venere e il giovane Cupido, il quale acconsente di buon grado a farsi disarmare, ricambiando lo sguardo complice e ammiccante che la dea gli rivolge. Numerosi dettagli, allusivi dell’idillio amoroso, arricchiscono la composizione: due colombe, animali sacri a Venere, si beccano in un simbolico atto d’unione; il coniglio acquattato tra l’erba richiama la fertilità, le rose rosse esprimono amore eterno. Un sereno paesaggio lacustre sullo sfondo completa la scena.
La Psiche Abbandonata di Pietro Tenerani, datata 1819 circa, si trova alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, a Firenze. L’artista, nella sua scultura, si confronta con la favola mitologica di Apuleio, che narra la storia di Amore e Psiche, un amore tra la giovane fanciulla e il figlio di Venere. Un sentimento che trovò l’avversione della Dea. Così Amore ogni notte faceva visita alla sua amata, a patto che i loro fugaci incontri si tenessero obbligatoriamente al buio. Regola che Psiche infranse: curiosa di godere della bellezza di ‘Amore’, ne illuminò il viso mentre lui stava dormendo. Amore non accettò il ‘tradimento’ per quel patto infranto tra innamorati e lasciò la fanciulla. Ecco, Tenerani, immortala, in quest’opera proprio il momento più tragico di tutta la storia, quell dell’abbandono, realizzando così una delle opere più celebri del Neoclassicismo italiano.
La Loggia dei Lanzi, accanto agli Uffizi, svela un monumento sublime alla sensualità: Il Ratto delle Sabine del Giambologna ( il calco è conservato alla Galleria dell’Accademia).
Alla Galleria dell’Accademia, nella zona della Tribuna del David, troviamo la delicatezza di Dafne e Cloe di Ulisse Cambi, saggio di fine anno accademico eseguito a Roma, viene esposto nel 1834 a Firenze. Il soggetto mitologico deriva dagli "Amori pastorali di Dafni e Cloe", antico testo del greco Longo Sofista.
Sempre all’Accademia, la Galleria dei Prigioni - che prende il nome da due figure in marmo di Michelangelo di superba sensualità – custodisce un altro inno all’amore, la Venere e Amore del Pontormo. Le due figure incarnerebbero la teoria rinascimentale dell'amore: l'amore terreno guidato dai sensi (Cupido), e l'amore celeste (Venere) rivolto al divino.
Spostandosi infine in Oltrarno, scegliete per una sosta Piazza Santo Spirito per un ultimo omaggio all’amore. Si narra infatti che questa piazza sia stata il palcoscenico di una delle storie più romantiche della città, quella di Dianora de’ Bardi, figlia di una ricca famiglia benestante, e Ippolito Buontalenti. I Romeo e Giulietta fiorentini. I due si innamorarono, ma vissero il loro amore in modo clandestino, per la rivalità delle famiglie. La leggenda parla di baci rubati, arrampicamenti notturni, finestre aperte, arresti e quant'altro, fino alle giuste nozze.