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Park Eun Sun, L'Eredità della Scultura © NICOLA GNESI

text Francesca Lombardi photo Nicola Gnesi

July 26, 2024

Park Eun Sun racconta la sua Pietrasanta

In occasione della bellissima monografica dell’estate, abbiamo incontrato l’artista protagonista della mostra

In occasione della bellissima monografica dell’estate nel cuore di Pietrasanta, nata dalla collaborazione del Comune con la Galleria d’Arte Contini di Venezia, abbiamo incontrato l’artista protagonista della mostra, Park Eun Sun.

Tre Colonne Infinite si ergono in piazza Duomo, simboleggiando, da un lato, la sofferenza e, dall’altro, ricostruzione e rinascita. Altre opere accolgono i visitatori e i cittadini all’ingresso di piazza Carducci, quasi un preludio allo spettacolare allestimento all’interno della chiesa di Sant’Agostino dove, nella penombra austera del luogo, colonne di sfere marmoree svuotate e illuminate segnano un ulteriore passo in avanti nella sperimentazione artistica dell’artista.

Park Eun Sun, L'Eredità della Scultura ©NICOLA GNESI

Arriva a Pietrasanta nel 1993, giovane artista sconosciuto. Oggi Pietrasanta la celebra come uno degli scultori più famosi al mondo. Che emozioni le dà questo momento?

Non riesco a immaginare l’inizio del mio percorso artistico nel 1993 in un altro paese. Pietrasanta ha fornito il terreno fertile per la mia crescita artistica, e il contributo della comunità locale è stato fondamentale per il mio sviluppo. Per questo non considero questo successo come una mia celebrazione personale, ma piuttosto come un riconoscimento condiviso con tutti coloro con cui lavoro e che mi supportano quotidianamente.

“La sofferenza genera bellezza”. Sono parole sue, e anche dei suoi marmi feriti eppur perfetti. Nell’arte e ancor più nella vita come si trasforma il dolore in qualcosa che ci migliora?

Io credo che una volta che si impara a gestire rabbia e dolore, ogni individuo riesce a trovare una propria metodologia per incanalare tali sensazioni in espressioni positive, migliorative. Personalmente, ho trovato questo equilibrio spaccando e dando respiro alle forme geometriche primitive, come la sfera e il prisma. Le crepe che creo nelle mie opere uniscono in modo armonioso la bicromia delle sculture, simbolo del dualismo umano. La rottura è netta e precisa, quasi come se fosse stata creata in un materiale unico, creando un effetto di continuità e contrasto che rappresenta le diverse sfaccettature dell’esperienza umana.

La sua crescita professionale in Italia non è stata sempre facile. Cosa l’ha spinta a non cedere?

Ricordo ancora vividamente la prima volta che atterrai in Italia. Il desiderio di lavorare il marmo, lo stesso marmo che era stato lavorato dai grandi maestri del passato, mi aveva completamente offuscato la consapevolezza di non sapere nemmeno una parola di italiano e di non avere fondi sufficienti per andare avanti. All’epoca, ero appena sposato e mia moglie portava in grembo il nostro primogenito. Senza dubbio, uno dei motivi principali che mi hanno dato la forza di non cedere è stata la mia famiglia. Mia moglie, che tutt’oggi mi affianca in ogni occasione e difficoltà, è stata un pilastro fondamentale. La sua presenza e il suo sostegno sono stati inestimabili durante quei primi, difficili anni. Un altro motivo per cui ho trovato la determinazione per andare avanti, è stato il mio sogno. Ho imparato a fissarmi piccoli traguardi alla volta, come ad esempio l’altezza delle mie colonne. Mi dicevo: “Fra un anno realizzerò una colonna alta due metri, fra altri due anni forse riuscirò ad acquistare il materiale per farne una da tre metri...” e così via. Questo uno dei tanti traguardi. Attualmente sto realizzando un nuovo laboratorio/atelier dove un giorno mi piacerebbe aiutare con mostre selezionate di artisti giovani per dare loro forza. Questi piccoli obiettivi mi hanno permesso di mantenere viva la speranza e la motivazione. Ogni traguardo raggiunto, per quanto piccolo, era un passo avanti verso la realizzazione del mio sogno. Oggi, ogni creazione è un tributo a quei primi anni di lotta e speranza, e continuo a lavorare con la stessa passione e dedizione che mi hanno portato fino a qui.

Vive ancora in Versilia?

La sinergia tra la mia arte e la vita a Pietrasanta è qualcosa di unico. Qui, ogni strada, ogni edificio, ogni angolo racconta una storia, e queste storie si intrecciano con il mio lavoro, arricchendolo e dandogli profondità. Pietrasanta, con il suo patrimonio culturale e la sua vivace comunità artistica, è il luogo ideale per continuare a sviluppare la mia arte e per esplorare nuove frontiere creative. Non posso immaginare di vivere e lavorare altrove, poiché è qui che ho trovato il mio posto nel mondo, circondato da persone che condividono la mia passione, qui ho cresciuto i miei due figli e il mio amore per l’arte.

Sceglie personalmente il marmo per le sue sculture?

Certamente, la scelta del marmo è di fondamentale importanza per me. Come avrà notato, le mie sculture presentano delle crepe, simbolo di sfogo e liberazione. Anche queste crepe devono seguire tracciati ben definiti per mantenere il controllo desiderato. Toccare e osservare il materiale mi permette di percepire questo percorso, e così l’armonia della scultura si manifesta.

Ci racconta un luogo del cuore, in Versilia?

Ogni parte della Versilia ha una sua specialità, e siamo davvero fortunati ad avere mare e monti così vicini. Tuttavia, se dovessi indicare un posto del cuore, per me è senza dubbio il Bar Michelangelo. Quasi ogni giorno, da 31 anni, prima di andare a lavoro, mi fermo lì per un espresso. È diventato un rituale imprescindibile, un momento di quiete e riflessione prima di immergermi nella mia giornata creativa.

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