Ermanno Scervino. I desideri vanno veloci
Ermanno e Toni Scervino insieme alla guida dell’omonima maison. Nuova apertura a Firenze e non solo
Ricerca creativa, artigianalità, savoir faire e una forte dose di ottimismo, che è il miglior carburante. Ermanno Scervino oggi è alle stelle. Una collezione, adesso nelle boutique, che piace e va forte e quattro aperture a breve tempo: San Pietroburgo, Hong Kong, Monaco. Quella di Firenze, nella centralissima via degli Strozzi, è quella che più lo rende beato e soddisfatto. Giura che sarà sempre lì presente, come nel suo salotto buono ad accogliere le sue clienti e non, per consigliare loro, a chi lo richiede, una consulenza da semplice personal shopper. Una delicatezza per amore del pianeta donna, frutto di quel lavoro costruito negli anni a lottare con i tessuti, con i disegni, con le forbici e con l’ago. La moda per Ermanno parla anche del corpo e il corpo è qualcosa di molto serio da maneggiare.
Una nuova apertura nella centralissima via degli Strozzi.
E a cui tengo moltissimo. Sicuramente per ragioni di business, inoltre volevo una boutique e una location che rispecchiassero appieno tutti i valori del Made in Florence che rappresento con la mia moda. Ma ci tengo anche per ragioni personali: da bambino ci passavo di continuo davanti, rimanendo affascinato dalle vetrine, dal palazzo stesso. Il fatto che ora quel negozio diventi la mia boutique è un sogno d’infanzia che si avvera.
Parliamo della collezione S/S adesso nelle boutique.
È una collezione che si fonda su leggerezza, contrasti armonici, casta sensualità e sperimentazioni artigianali. La grande protagonista è la sottoveste, con inserti di cristalli e interventi del pizzo più pregiato e lavorato. Un capo non destinato all’homewear, ma a essere indossato al posto dell’abito da sera.
Come è nata questa collezione dove il macramè trionfa e convive con citazioni sporty?
Dalla mia costante ricerca sullo sportswear. Mi piace far dialogare texture di impronta più sportiva con materiali di pregio e tecniche sartoriali d’avanguardia. Il risultato è, a mio avviso, un prodotto di pregio e al contempo decisamente moderno. Questo accostamento tra mondi all’apparenza lontani è ciò che agli inizi ha segnato il mio successo, con il piumino couture, un capo in origine pensato solo per proteggere dal freddo e che io resi glamour e sensuale.
Molto bella anche la campagna pubblicitaria. Quanto lavoro c’è dietro una campagna e quanto c’è di suo?
Moltissimo lavoro. Si tratta di concentrare, in poche immagini, mesi di lavoro, di sintetizzare l’intera idea che sta alle spalle di una collezione. Ho collaborato con Mikael Jansson, un fotografo che già conoscevo e di cui apprezzavo il lavoro, e ho deciso di non avere una sola testimonial perché ritenevo che in questa collezione fossero gli abiti il miglior veicolo per il mio messaggio.
Da una parte il duo Ermanno e Toni, dall’altra sarte e artigiani, insieme funzionate come pezzi di un puzzle. Qual è il segreto?
È molto semplice: siamo tutti innamorati della perfezione, e credo sia proprio questo che ha contribuito al successo della Ermanno Scervino. Toni, io, sarte e artigiani siamo menti e mani in continuo confronto e incessante dialogo. Non abbiamo quasi più bisogno di parole: ci basta scambiare uno sguardo per sapere dove intervenire e cosa cambiare.
È famoso per le lavorazioni, realizzate tutte in Italia?
Assolutamente sì. E non è un capriccio, ma una vera e propria necessità. Solo in Italia, e ancor più nello specifico in Toscana, trovo il know how manuale che è indispensabile per realizzare i miei capi. La zona dove sorge il mio atelier era famosa già all’inizio del secolo scorso per la produzione e la lavorazione del pizzo. Gli aristocratici europei, compresa la regina d’Inghilterra, venivano qui a Firenze a rifornirsi di abiti e corredi per la casa. Io ho attinto a questo savoir faire per creare qualcosa di nuovo come il pizzo millefoglie, una lavorazione del plissé talmente difficile che avevo quasi rinunciato a farla.
Il valore dell’artigianalità nella maison Scervino?
Fondamentale. Il mio prêt-à-porter è quasi haute couture. Non voglio che i miei capi soffrano dell’appiattimento dell’industrializzazione, bensì che siano ottenuti tramite lavorazioni manuali d’eccellenza. La mia volontà è tradurre in un linguaggio moderno quest’eccellenza.
Quando e come ha deciso di lavorare nella moda?
Prestissimo, per non dire da subito. Vedevo gli abiti indossati dalle persone che frequentavo e pensavo cosa avrei cambiato se quell’abito l’avessi creato io. Poi ho intrapreso nel mondo della moda diverse esperienze impegnative ma formative, prima fra tutte il trasferimento a Parigi a diciott’anni, per iniziare l’apprendistato che è stato essenziale. Nel 2000, mi sono sentito pronto per dare vita al mio brand.
La Firenze che mostrerebbe ad un caro amico…
Potrei citare il Duomo, Ponte Vecchio, palazzo Strozzi, palazzo della Signoria, ecc,ecc. Ma la bellezza di Firenze, e della Toscana è non avere il bisogno di un posto o di una meta precisa, ma concedersi il piacere di perdersi e imbattersi sempre in un angolo o in uno scorcio meraviglioso.